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Il ratto d’Europa (di nuovo)

(Ti-Press)

Tarlo esistenziale: e se il parlamento europeo virasse a destra, come molti sondaggi prevedono il prossimo 9 giugno, avrà ancora un futuro il progetto comunitario? La questione è generale e particolare. Generale perché in tal caso il cammino dell’Ue subirebbe una battuta d’arresto rispetto ai cantieri aperti nell’ultimo quinquennio; particolare perché anche nelle cerchie filo-europee elvetiche – che pur esistono, sebbene in posizione minoritaria – verrebbe meno quel poco di fiducia che ancora sopravvive qua e là nell’opinione pubblica e in qualche testata giornalistica. Insomma, la simpatia nei confronti di un’assise dominata dalle forze nazional-conservatrici che a giorni alterni amoreggiano con l’ultradestra è destinata a svanire anche nello schieramento progressista svizzero. Per la prima volta gli europeisti volterebbero le spalle a una costruzione (parlamento di Strasburgo e Commissione di Bruxelles) che finora hanno sempre sostenuto nonostante errori, silenzi, ritardi e riforme mancate. Ritrovandosi così, loro malgrado, tra le folte schiere di coloro che l’Ue l’hanno sempre combattuta (v. Udc di Blocher e alleati vari).

I partiti politici che fin qui hanno garantito all’Ue maggioranze più o meno solide – popolari, socialdemocratici e liberali – sono in declino in tutti i Paesi dell’Unione. In Germania, per dire, la Spd del cancelliere Scholz è precipitata nelle preferenze di voto al quarto posto, dopo i democristiani della Cdu/Csu, i Verdi e la formazione neonazista dell’AfD (Alternative für Deutschland). L’AfD spopola soprattutto nei Länder dell’ex Ddr, e questo dato la dice lunga su cosa sia maturato nei territori un tempo vassalli del Cremlino. Anzi, si può dire che il nazionalismo sia rinato in tutto l’ex blocco orientale comunista, e in forme particolarmente aggressive e razziste, come ha documentato Tonia Mastrobuoni nella sua indagine pubblicata da Mondadori sotto il titolo ‘L’erosione. Come i sovranismi stanno spazzando via la democrazia in Europa’.

La situazione non è migliore in Francia e in Italia. Anche qui la destra è in marcia, cavalcando ogni manifestazione di malcontento, non importa se interna o esterna: l’afflusso e la gestione dei migranti, i bassi salari e la caduta del potere d’acquisto, la pletora delle regole, la transizione ecologica, la sicurezza energetica, i diritti civili… L’Unione è l’imputata ideale giacché tutti le possono rivolgere le più diverse accuse: inefficienza, costi stratosferici, elefantiasi burocratica, ingerenze eccessive negli affari delle singole nazioni… Di qui la parola d’ordine che sembra raccogliere un buon numero di consensi: meno Europa, più Stati nazionali, il che si traduce in una netta inversione di tendenza rispetto alla rotta seguita sinora.

Narra il mito che all’origine del nostro continente vi fu un rapimento: quello compiuto da Zeus (Giove) a danno di Europa, la figlia del re dei fenici. Zeus, per rapire la fanciulla, assunse le sembianze di un toro bianco, che se la mise in groppa per poi attraversare il mare fino all’isola di Creta. Ebbene, dopo il 9 giugno Zeus potrebbe ritrovarsi nelle fogge di un gambero, lento e impacciato, e svuotato delle ambizioni ereditate dai padri fondatori. Se questo avvenisse, vedremmo spuntare nella storicamente recalcitrante terra elvetica un nuovo fronte anti-Ue dopo quello costituito dall’Udc alla vigilia della bocciatura dello Spazio economico europeo (6 dicembre 1992). Anzi, se le urne dovessero confermare le previsioni, potremmo assistere al paradosso di una destra meglio disposta verso i “vampireschi funzionari” di Bruxelles di una sinistra che non riconosce più all’Unione quella capacità progettuale, quelle conquiste sociali e civili che per decenni hanno nutrito le sue speranze. Una disillusione, un amaro risveglio dal “sogno europeo” (Jeremy Rifkin) che finirebbe per infoltire le già numerose falangi degli euroscettici. Certo, nulla vieta di immaginare “un’Europa diversa” o “un’altra Europa è possibile”, svincolata dall’Unione realmente esistente. Ma si tratta appunto di una visione, nobile e pura ma ininfluente sul piano delle politiche perseguite dalle istituzioni europee.