La presenza della comunità mesorachese in Ticino è una realtà esistente, che conta quasi 6’000 persone, l’equivalente di un comune di medie dimensioni. L’integrazione dei suoi membri è quindi una necessità che si impone sia alla popolazione ticinese, sia a quella di Mesoraca, e che presuppone da una parte la volontà di accogliere da parte di chi riceve, e dall'altra la volontà di integrarsi da parte di chi arriva. La convivenza, la comprensione tra culture percepite come diverse, ma in fondo molto simili, è un presupposto indispensabile per lo sviluppo sociale, culturale ed economico della società. Ne sanno qualcosa i lavoratori della prima generazione, giunti per primi in Ticino negli anni ’50 del secolo scorso, quasi tutti impiegati nei settori più duri dell’economia come quello dell’edilizia. Ad essi è stata dedicata la rassegna cinema “Mi ritorni in mente” sulla migrazione italiana in Svizzera, che si è svolta ad Arbedo da gennaio ad aprile, con 4 film attentamente selezionati e dibattiti alla presenza di ospiti illustri, che hanno interagito col pubblico in sala.
La rassegna voleva mostrare gli aspetti positivi della migrazione, approfittando dell’occasione per riflettere su alcune questioni di fondo inerenti all’integrazione di questa comunità, ai vari pregiudizi o a una narrazione spesso distorta, alle varie tipologie del migrante, che ha conosciuto diversi momenti difficili soprattutto con lo statuto di stagionale, interrotto unicamente con l’entrata in vigore nel 2002 della libera circolazione delle persone.
Questa rassegna intendeva riportare l’attenzione a quei “lavoratori immigrati” che arrivarono in Svizzera da Mesoraca. Oggi alcuni sono in pensione, le giovani coppie di allora rientrate a casa si gustano i frutti del loro duro lavoro in terra straniera, aspettando sempre con impazienza la visita dei figli, rimasti in Svizzera. Altri hanno perso i figli o il coniuge in Ticino o sono morti sul lavoro. Ora ci sono la seconda, terza e addirittura una quarta generazione di mesorachesi che sono perfettamente integrati. Non sono solo i mesorachesi di queste generazioni in Ticino a sentirsi “metà-svizzero, metà-italiano”, un gran numero di emigrati rientrati nel paese natale sono “la maggior parte del tempo con i pensieri in Ticino”. Non è raro sentirli dire: “Mi manca sempre qualcosa”, “La distanza e il desiderio ti spezzano il cuore”.
Grazie a questa iniziativa, l’A.M.I.T ha costruito l’ennesimo ponte con il tessuto sociale ticinese con l’invito al rispetto e all’attenzione di questa folta comunità.
È stata proposta nel tentativo di rinforzare i nostri valori comuni e quindi il nostro spirito di fratellanza e perché non ci si dimentichi di un preciso periodo storico, non privo di tensioni e problematiche (tuttora presenti), che ha contribuito al benessere sociale, culturale ed economico della Svizzera e quindi anche del Ticino.