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Media e antisemitismo

I giornali e la televisione, pur svolgendo un ruolo cruciale nell’informare il pubblico, possono essere fonte di diffusione di antisemitismo, se non gestiti con responsabilità o inconsciamente influenzati dall’ideologia dell’editore o del redattore. Ci sono almeno tre modi per misurare l’inquinamento di un sistema d’informazione: il primo è l’uso di due pesi e due misure nel valutare gli eventi internazionali; il secondo è il tipo di narrazione dominante; il terzo è il modus operandi di certi circoli politici per imporre la narrazione. Alcuni giornali e servizi televisivi possono pubblicare articoli/editoriali da cui trapelano stereotipi negativi su Israele che possono rafforzare pregiudizi e alimentare l’odio antisemita.

Ho letto l’articolo ambiguo sull’antisemitismo firmato da Aldo Sofia pubblicato martedì 30 aprile. È grottesco vedere giornalisti che, dopo aver per mesi demonizzato Israele, ora lanciano con faccia preoccupata un servizio sulla rinascita dell’antisemitismo: la causa principale del conflitto israelo-palestinese risiede nel costante rifiuto palestinese di accettare lo Stato d’Israele, ossia di coesistere con Israele. L’antisemitismo è stato utilizzato per distrarre l’attenzione da questa verità fondamentale, nonché mascherare i fallimenti di una leadership palestinese corrotta che ha fatto poco per portare avanti la causa palestinese o migliorare la vita della sua gente. Usare gli ebrei come capro espiatorio per il conflitto in corso è un mezzo per deviare la frustrazione e la delusione dalle responsabilità palestinesi. L’antisemitismo non solo non è costruttivo, ma non riesce nemmeno ad affrontare i problemi dei palestinesi, serve solo a minare le prospettive di pace, statualità e autodeterminazione che loro desiderano. La frode dell’antisemitismo per realizzare obiettivi politici usata da una certa sfera politica ha conseguenze disastrose e non fa altro che perpetuare cicli di sofferenza per gli ebrei ovviamente, ma anche per i palestinesi in questo caso. Sebbene fornisca benefici temporanei a coloro che lo impiegano, la storia ha dimostrato che porta sempre a risultati distruttivi. L’International Holocaust Remembrance Alliance|Ihra di cui fa parte anche la Svizzera ha rilasciato un documento che definisce le espressioni/azioni che possono essere considerate antisemitismo e cito dal documento: “Applicare doppi standard richiedendo a [Israele] un comportamento non previsto o richiesto da qualsiasi altra nazione è definito antisemitismo”. Coloro che hanno atteggiamenti antisemiti spesso mascherano il loro antisemitismo asserendo che “criticano il governo israeliano”; accusando scandalosamente Israele di una serie di crimini tra cui genocidio, pulizia etnica, apartheid, o equiparando la politica dello Stato d’Israele a quella nazista e, in alcuni casi, sostenendo addirittura che lo Stato stesso sia illegittimo. Tutto questo è considerato antisemitismo”. Personalmente mi chiedo quanto spazio giornalistico, editoriali e servizi televisivi siano stati dedicati al conflitto in Sudan con più di due milioni di morti, o alla guerra in Siria dove più di 600’000 arabi sono stati trucidati da Assad, o al conflitto in Ucraina con più di mezzo milione di morti, o a più di un milione di musulmani mandati in rieducazione in Cina – e non sappiamo quanti sono ancora in vita – e, ancora, 400’000 uccisi in Iraq e Afghanistan e posso continuare a lungo. Questo è un doppio standard che si può considerare esattamente come definito dall’Ihra e che ha risvegliato l’antisemitismo/antisionismo dormiente, per cui ognuno coinvolto dovrebbe fare autocritica.

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Il presidente dell’Associazione Svizzera-Israele, passando in rassegna alcuni punti del “manuale del perfetto difensore” dello Stato ebraico, definisce “ambiguo” il mio recente commento sul problema dell’antisemitismo (o, meglio, anti-ebraismo), inaccettabile sempre e comunque. Il dottor Adrian Weiss legge poco o male. Sul barbarico attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso ho scritto inequivocabili parole di condanna. E nel citato mio commento ho menzionato fatti gravi attribuibili all’attuale governo di Israele, per ribadire che essi non possono in alcun caso giustificare parole o atti antisemiti. In sostanza, il presidente Weiss ritiene addirittura che anche la denuncia delle scelte politiche del premier Netanyahu sottintenda propositi antisemiti, e questo in base al cosiddetto “doppio standard” (altro mantra della difesa a prescindere dei governi israeliani).

Sul sistematico e deprecabile uso dell’accusa di antisemitismo a chi critica Israele consiglio al presidente dell’Associazione Svizzera-Israele le letture di “Industria dell’Olocausto” di Norman Finkelstein e “Sconfiggere Hitler” di Avraham Burg, ex presidente del parlamento israeliano.

E pensi, il dottor Weiss, che l’uso unicamente strumentale dell’accusa di antisemitismo può essere offensivo anche per le vittime della Shoah.

Aldo Sofia