Dopo il contributo del presidente del Centro Fiorenzo Dadò sul caos nomine in Magistratura, la replica del professore emerito dell'Università di San Gallo
Sulla ‘Regione’ del 9 marzo il presidente del Centro parla di Magistratura e di metodi da Far West, avendo qualcuno osato criticare le proposte fatte da alcuni partiti per l’elezione di due nuovi magistrati. Omettendo di toccare il vero problema, cioè gli accordi che si fanno nelle sagrestie della politica, si guarda poi bene dal ricordare che quello che sta succedendo è il frutto di un sistema inaccettabile di inciuci davvero poco edificanti per chi sa guardare la realtà senza i paraocchi partitici. Lamenta inoltre il discredito gettato sulle persone e sulle istituzioni. Dimentica intanto, il presidente del Centro, di parlare delle attitudini e dell’esperienza che andrebbero richieste per ogni posto di responsabilità, rinunciando magari a quelle “cadreghe”, su cui tutti fingono di non sapere nulla e che poi in massa si precipitano a occupare. Se lo fanno gli zapatisti che per qualche tempo (pochissimo, in verità) hanno urlato a voce alta contro questo pessimo andazzo, immaginarsi gli altri che le poltrone sono abituati a spartirsele da tempo immemorabile.
In questo ambito, stigmatizzando le proteste legittime che ne sono venute fuori, e la cagnara che ne è seguita, l’onorevole presidente del Centro va con la memoria, e qui cito, al “peggior giornalismo ticinese, inaugurato nei decenni scorsi dal (fortunatamente) defunto giornale scandalistico Il Caffè”. Avendo collaborato con una modesta rubrichetta al giornale scandalistico, per una decina d’anni, devo ora immaginare di averlo fatto nel peggiore dei modi possibili e immaginabili, e posso anche concludere di essere stato complice degli scandali messi in luce dal Caffè e del Far West da esso creato. Mi solleva la certezza di essere stato sempre libero di scrivere quello che volevo, pur non appartenendo ad alcuna parrocchia, senza censure, senza partiti presi, senza interessi da salvaguardare, senza pressioni di alcuna sorta.
Il panorama giornalistico del nostro cantone si è ridotto, malauguratamente, nel corso degli anni, con la scomparsa di alcune testate, e oggi gli organi di informazione sono purtroppo pochi. Chissà che cosa ne pensa il presidente del Centro che intanto, da buon cattolico, in un Paese democratico, celebra la morte di un giornale non con un cristiano De Profundis ma con l’esultanza? E qui nasce una domanda. La fine del Caffè avrà almeno concluso l’epoca nefasta del giornalismo trash e offensivo dei pistoleros? Dicono le malelingue che i nostri politici fingono di litigare in pubblico e poi in privato sono spesso culo e camicia. Come la mette l’onorevole presidente del partito del Centro con quei giornali che, defunto il Caffè, continuano a screditare le persone e le istituzioni, e usano le offese come moneta domenicale di propaganda? Se non sono male informato alcuni di quelli che lo fanno, o lo sostengono, o approfittano delle sue pistolettate, sono persone con cui il presidente del Centro collabora e architetta certi scenari politico-partitici.
Chissà se avrà modo di parlare anche con loro, che un giorno portano la cravatta e l’altro gli stivali dei cowboy, di Far West e di offese alla gente e alle istituzioni?