L’occasione è stata troppo ghiotta per l’ineffabile ‘Blick’, che nel suo portale online, il primo dell’anno, ha prontamente messo in risalto quello che si potrebbe definire un “incidente” di programmazione del veglione in Piazza Riforma a Lugano diffuso dalla Rsi. Un format super collaudato di festa in Piazza che si è “arricchito” (diciamo così), da qualche anno, della possibilità da parte degli spettatori di collegarsi a propria volta mostrandosi agli spettatori partecipi e felici, come l’occasione richiede e invoca e come il servizio pubblico amplifica da par suo.
Così, a sei minuti dopo mezzanotte, da una casa in cui ci si dimenava festanti e danzanti, saltan fuori due anonimi ragazzotti che rivolti alla camera, verso il pubblico, saltellando come forsennati a propulsione alcolica abbassano i pantaloni mostrando senza vergogna le proprie ballonzolanti terga. Quei pochi secondi diffusi in diretta fanno ormai il giro della Svizzera (tedesca, per ora) poiché di meglio non poteva trovare il ‘Blick’ per la sua edizione di Capodanno per puntare una volta di più il dito sulla Ssr e in questo caso sulla Rsi (e il suo canone, naturalmente) rea di scontare così una scelta discutibile come quella di “dare accesso” (un po’ poco controllato) a chi manda immagini da casa.
È, né più né meno, quel mondo social in cui tutto, o quasi, è concesso, e ognuno dice o fa quello che gli pare, spesso con modalità che non sono certo da baronetto inglese. Se decidi di farlo entrare così in onda e in diretta, in una circostanza a rischio di eccessi come quella di un veglione di San Silvestro, tocca poi fare i conti postumi con quel che ne può seguire. Volendo esagerare, si potrebbe anche tirar giù di grosso, come fa il quotidiano zurighese peraltro, e dire che non è certo un bel segnale quello dato dall’azienda di servizio pubblico in questa occasione, addirittura come messaggio augurale per il nuovo anno. Potremmo parlare di “autogol”, o di boomerang, perché quei glutei in libertà potrebbero anche dire molto dell’idea che un certo pubblico ha della sua emittente televisiva di riferimento. Ma, appunto, non esageriamo. È stato un incidente, o un accidente. Càpita.
Però… un però rimane, ed è quello che riguarda la strategia che sembra governare la gestione e creazione di programmi in radio e televisione (non solo da noi, beninteso) e che ormai ha con la realtà dei social un rapporto che andrebbe studiato attentamente, specie per un concetto di base, quello secondo cui è frutto della necessità di “andare incontro al pubblico”, fare comunità con gli spettatori o gli ascoltatori. Da tempo un’emissione come “Controcorrente” di Rete Uno è diventata emblematica di questa propensione al dibattito affidato a presunti pareri forti del pubblico. Per il moderatore, il più delle volte, è un corpo a corpo con sconosciuti habitué che hanno ignote competenze ma opinioni su tutto, basta poter intervenire in radio.
L’attenzione da rivolgere al pubblico resta, chiaramente, un elemento importante, per carità, ma cui occorrerebbe dare dei limiti. La rincorsa dei favori dello spettatore, se si trasforma nella semplificazione e banalizzazione di ogni questione, nell’ossessivo allontanamento di tutto quanto “non fa audience” perché non coinvolge, non è “d’impatto”, perché impone addirittura riflessione, attenzione, ecco, tutto questo può trasformarsi in uno strumento che a poco a poco, sulle presunte “esigenze del pubblico” si adagia fino a esserne ostaggio, fino a diventare a propria volta, un grande e generico contenitore e amplificatore del “tutto va bene se viene dalla ggente”. Anche quando è sciocchezzaio, volgarità, improperio, rigurgito, o lato B. Ne esce, così, una malintesa concezione di “rispetto per il pubblico”, che fino a prova contraria dovrebbe consistere nel favorirne e alimentarne l’intelligenza, non nell’assecondarne la stupidità.
Alla Rsi, per fortuna, diverse importanti emissioni e rubriche continuano a mantenere uno standard adeguato, specie in ambito informativo e in quello della (varia) offerta di approfondimenti documentaristici. Non mancano, come non sono mancate nel 2023 appena trascorso, anche iniziative di rinnovamento e sperimentazione assolutamente apprezzabili. Insomma, ci si prova, com’è giusto, com’è lodevole e soprattutto com’è doveroso fare da parte di un servizio pubblico.
Ma proprio mentre incombe il dibattito sulla riduzione del canone (300 franchi? 200 franchi bastano?) e mentre il ‘Blick’, come altre testate e media privati, non perde l’occasione per scatenarsi contro questo o quel programma, appare sempre più evidente una sorta di scricchiolamento dentro la Rsi, che porta, si direbbe, a orientarsi già come ci si dovesse rassegnare al peggio e dunque vai con il vacuo e l’inconsistente.
Metti insieme, per esempio, un tot di rispettabili professionisti, soprattutto di sport e intrattenimento (materie serissime e difficilissime da trattare e portare al pubblico), li metti seduti attorno a un tavolo in uno studio metà night e metà bisca, circondati da distratti astanti, seduti ad altri tavoli ad ascoltare, e poi il gioco è fatto e finito: ne esce un programma che si chiama “E quindi?” di nome e di fatto, perché quella domanda rimane in testa allo spettatore fino alla fine della puntata, anzi della serie: e quindi? Che senso si vuol dare alla chiacchiera autoreferenziale in libertà (vigilata) di una serie di colleghi/amici che raccontano episodi sedicenti divertenti della loro attività professionale come fossero al bar, o a casa loro, a fare ed evocare gli “affari loro”? E ridono, loro, solo loro, mentre agli altri tavoli incombe un evidente disorientamento e quelle che ci arrivano a casa sono risate registrate, che ai tempi sentivamo in Friends o in Benny Hill.
Ecco, questa tv, spiace dirlo, è davvero da quattro soldi, discredita l’azienda e i validi collaboratori che ci lavorano, a cominciare da quelli che sono stati convocati lì, un po’ per gioco un po’ per celia (e un po’ per amicizia) a dar vita, più o meno consapevolmente, a uno scialbo e imbarazzante teatrino del nulla. Questa è tv che va incontro ai “saluti da casa” di sei minuti dopo la mezzanotte.
Questo articolo è stato pubblicato grazie alla collaborazione con il blog ‘naufraghi.ch’