I dibattiti

Come nel Natale di 2023 anni fa

(Ti-Press)

Un po’ frastornati dalle mille luci che abbelliscono le nostre città e le nostre case in questo periodo, e dai cento brindisi con cui ci auguriamo Buon Natale, rischiamo di dimenticare che la festa che ci apprestiamo a celebrare è quella della Natività, della nascita di Gesù. Ma chi era Gesù? Da agnostico quale sono, mi piace ricordare Gesù come un palestinese di origine ebraica e di lingua aramaica – di etnia semita, quindi, come lo sono sia gli ebrei, sia gli arabi – figlio adottivo di un falegname che aveva sposato una ragazza già incinta.

Una nascita anomala (per la moralità dell’epoca, ma non solo) cui è seguita una vita straordinaria. Fra le molte cose fatte e dette da Gesù è celebre anche la sua frase: “È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di una ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli”. Un sovversivo, dunque, che è stato crocifisso dalla Potenza che occupava la Palestina, Roma, in combutta con i notabili di alcune tribù giudaiche locali.

Nei due millenni successivi molti discepoli di Gesù che sulla base della sua predicazione avevano fondato una nuova religione, il Cristianesimo, si sono macchiati di persecuzione verso gli ebrei per i motivi più disparati: perché “deicidi”, miscredenti, perché culturalmente diversi, perché abili nelle scienze, nel commercio e nella finanza, perché parecchi di loro assecondavano il movimento socialista e comunista…

Proprio oggi, alla vigilia di Natale, assistiamo a una “crocifissione” collettiva di migliaia di palestinesi, di cui una piccola parte si riconosce nei discepoli di Gesù, e una parte maggioritaria in una nuova religione, l’Islam, nata anch’essa in Medio Oriente e che si richiama a un grande profeta, Abramo, venerato sia dagli ebrei, sia dai cristiani. A condurre la “crocifissione” (uccisione) collettiva dei palestinesi è una parte cospicua di chi si ritiene discendente dalle tribù giudaiche della Palestina, sostenuta dalla superpotenza di oggi, gli Stati Uniti d’America. La ragione è politica più che religiosa (come lo era del resto anche due millenni fa), è conosciuta, e ha a che vedere con il potere su una Terra, la Palestina, che per alcuni è la “Terra Promessa” (su cui ritengono di avere un diritto esclusivo), per altri è la “Terra Santa”, mentre per i nativi rischia di essere sempre più una “Terra Maledetta”.

Una “Terra Maledetta” in cui cinquemila bambini sono stati trucidati in queste settimane e continuano a esserlo in questi giorni, quasi fossimo tornati – ironia della ricorrenza storico-religiosa – al Natale di 2023 anni fa. Allora, Erode il Grande, Re della Giudea e vassallo della potenza occupante, aveva ordinato l’uccisione di tutti i bambini nati in quei giorni, perché fra di loro ci sarebbe stato anche quel Gesù predestinato, si diceva, a diventare il nuovo Re della Giudea. Oggi, la ragione dell’infanticidio di massa è che in mezzo ai bambini e alle loro madri si nasconderebbero quei ribelli che si azzardano a sostenere che la Palestina è (anche) dei palestinesi e che hanno attaccato in modo atroce e inaccettabile i coloni della “Terra Promessa”, bambini compresi.

All’epoca di Erode, Giuseppe, Maria e Gesù poterono mettersi in salvo fuggendo in Egitto. Sembra incredibile, ma è proprio quello che l’Erode di oggi vorrebbe facessero le centinaia di migliaia di palestinesi di cui sta massacrando i figli e che sta spingendo, con bombardamenti e carri armati, proprio verso l’Egitto. Buon Natale.