Poche settimane fa la Camera di commercio (Cc) ticinese dell’industria, dell’artigianato e dei servizi ha celebrato la sua annuale assemblea generale. Un’occasione in cui alla presenza del Capo delle forze armate svizzere Thomas Süssli, gli imprenditori hanno fatto quadrato attorno a sé.
Il Presidente della Cc Andrea Gehri, ha infatti imperniato il suo discorso sulla centralità dell’imprenditore, considerato l’“asse portante del nostro Paese”, ovvero “colui che crea valore, genera ricchezza, occupazione e posti di lavoro per la società, che risolve problemi e soddisfa bisogni attraverso prodotti e servizi innovativi, che stimola la concorrenza e la qualità del mercato, che assume rischi e sfide per realizzare la propria visione senza chiedere aiuti pubblici, se non le giuste condizioni per poter lavorare”. Gehri si è inoltre scagliato contro coloro (senza peraltro nominarli espressamente) che denigrano l’imprenditoria, il profitto, i benestanti e l’aspirazione di attirare ulteriori persone facoltose attraverso riforme fiscali. In buona sostanza, Gehri attribuisce agli imprenditori e alle persone facoltose l’esclusivo merito della produzione di ricchezza e benessere di questo Cantone. “Chi è responsabile per la creazione di valore e di ricchezza nel nostro bel Paese, se non l’imprenditore?”, si chiede retoricamente.
Se non ci si fa imbrigliare dalla narrazione idealizzata dell’imprenditore, vien da chiedersi provocatoriamente se è Gehri stesso che nella sua azienda si logora le ginocchia giorno dopo giorno applicando piastrelle a regola d’arte per la soddisfazione del cliente; oppure se è lui che giorno dopo giorno rinnova passione e conoscenza per vendere i prodotti di cui i clienti hanno bisogno; oppure ancora se è lui che fa le pulizie e la manutenzione degli spazi in modo che l’azienda sia sempre accogliente e funzionante. Tutte queste persone e altre ancora che meriterebbero di essere citate una per una, non hanno forse meriti nella produzione della ricchezza, dei posti di lavoro, dell’innovazione? Non si assumono anche loro rischi per la propria salute e di rimanere senza lavoro? Non vogliono forse anche loro lavorare senza dipendere dai sussidi statali? Perché Gehri nel suo discorso non trova nemmeno una parola da spendere per tutte queste persone che in fin dei conti fanno e costituiscono l’impresa?
Se per gli imprenditori vi è questa ferrea credenza che tutto il merito della produzione di ricchezza debba essere attribuito a loro stessi e non alle loro squadre, viene allora da chiedersi cosa succede a fine mese quando essi fanno la busta paga. Ebbene l’imprenditoria e i partiti che la rappresentano già egregiamente in Gran Consiglio (e anche alle Camere federali), mettono fieramente in evidenza – perché se ne attribuiscono evidentemente il merito – che negli ultimi anni il PIL pro-capite del Canton Ticino è aumentato, passando progressivamente dai 80’700 Chf del 2008 ai 94’200 Chf del 2021, uno dei migliori valori in Svizzera. Ciò significa che l’economia cantonale ha effettivamente aumentato la creazione di ricchezza, tramite maggiore produzione di beni e servizi. Com’è però stata ridistribuita questa ricchezza in busta paga? Ebbene dal 2008 al 2019 (i dati di 2020 e 2021 non ci sono ancora) vi è stato un aumento di contribuenti esentasse, passati da 44’119 (23,4% di tutti i contribuenti) a 55’136 (26,4%), mentre i contribuenti sopra i 200’000 Chf di imponibile sono aumentati da 3’248 (2,3% dei contribuenti) nel 2008 a 5’453 (2,6%) nel 2019. Cosa significano questi dati? Che la narrazione secondo la quale la ricchezza prodotta va a beneficio di tutte e tutti grazie agli imprenditori non corrisponde affatto a realtà, perché sono le persone benestanti ovvero proprio gli imprenditori a beneficiarne maggiormente, mentre sempre più persone devono dipendere dai sussidi statali perché il loro stipendio è troppo basso per arrivare a fine mese. Forse il presidente della Camera di commercio può ora farsi qualche idea in più su possibili risposte alla domanda per la quale non aveva risposta, ovvero a sapere come mai i sedicenti “creatori di ricchezza” vengono denigrati.
Vi è da credere che se gli imprenditori mostrassero più riconoscenza nelle parole e in busta paga per le squadre che costituiscono l’impresa, ne guadagnerebbero tutto il tessuto economico, le casse dello Stato e anche l’immagine dell’imprenditore e dell’imprenditrice.