Declinazioni di pensiero

C’è del marcio in Svizzera

(Ti-Press)

Mi reco al supermercato con la confezione di spaghetti in mano. Dopo mesi sono finalmente riuscita a scoprire da dove vengono i minuscoli insetti che mi infestano la cucina: dai prodotti che compro. Attraverso la plastica trasparente li vedo passeggiare con la nonchalance di chi ha tempo da perdere. Entro nel negozio e chiedo di parlare con il responsabile. Gli spiego che finora ho dovuto buttare almeno una decina fra confezioni di farina, riso e pasta e che nonostante chiuda tutto in barattoli ermetici, le industriose bestioline riappaiono a intervalli regolari. Il tipo mi chiede se voglio un rimborso. Gli rispondo che preferirei che svolgessero dei controlli capillari. Fa sì con la testa e riaccenna al rimborso. Dico che pochi soldi non faranno la differenza. Di nuovo fa di sì e di nuovo si offre di rimborsarmi. Interdetta cedo e la cassiera mi accredita i soldi, poi guarda me, guarda lui, e chiede conferma per buttare la confezione. Vedendolo già abbozzare, lo blocco pregandolo di avviare un’ispezione. Anche quest’ultima volta annuisce, si gira dall’altra parte e se ne va. Non farà nulla: le bestioline finiranno nella spazzatura e basta. Il pensiero che ora so dove non comprare più farinacei non basta a consolarmi, perché vorrei che la mia azione fosse utile anche agli altri.

Il microcosmo di una catena di supermercati è lo specchio della realtà: un luogo organizzato che svolge un preciso compito sociale, a vantaggio di tutti. Da sola non posso costruire una diga, scavare una miniera, creare una rete informatica, curare il cancro. Il sistema – la nostra società – serve a renderci forti, ma in un attimo si può sfaldare e crollare, basta che un elemento non cooperi. Chi ignora o nasconde la realtà – per pigrizia, incapacità, ignoranza, avidità o sete di potere – non rispetta il patto implicito che è alla base della comunità. E se le decisioni di un gerente di filiale possono apparire trascurabili, non lo sono quelle di chi decide per professione: politici, amministratori, direttori di grandi aziende, magistrati, gente così.

C’è del marcio in Svizzera, in questo mite autunno preelettorale, che con il suo calore ci illude della bontà del mondo, mentre sui giornali leggiamo dei pedofili nella chiesa cattolica, dell’incapacità svizzera e mondiale di rispettare gli accordi climatici di Parigi, dell’ex patron della Läderach e delle botte con le quali educava i ragazzini (ma non i suoi figli, no, loro no) nella scuola da lui fondata, dell’indignazione del presidente di Santésuisse per l’aumento dei premi delle casse malati (che, poverino, anche lui deve pagarli), del previsto ulteriore innalzamento dei tassi ipotecari, dei licenziamenti presso l’ospedale cantonale di San Gallo (dove si sbarazzeranno di quelli che guadagnano meno). Sappiamo tutti dove, come e da chi la realtà viene negata, plasmata, manipolata. E allora, in questo caldo autunno, usiamo quel poco potere che abbiamo andando a votare. Facciamolo scegliendo coloro che, ci sembra, hanno il coraggio di guardarla in faccia, la realtà, e che vogliono rispettare il patto implicito alla base della nostra società: il raggiungimento del bene comune.