Ci risiamo. Nuova campagna elettorale e ancora migranti e richiedenti asilo nel mirino. Perché sono tanti? No, perché elettoralmente rende. L’abbiamo visto in Italia, con risultati concreti poi miserrimi, l’abbiamo visto di recente in Slovacchia, lo vedremo alle prossime elezioni europee e da molto tempo lo vediamo nel nostro Paese.
Spesso i toni del discorso non sono civili, certamente sono poco cristiani, ma alle elezioni fare i duri con i migranti in questi decenni sembra rendere, perché qualcuno che ci casca c’è sempre.
Eppure, a fronte dei 108 milioni di persone che nel mondo fuggono da persecuzioni, conflitti e violenze (il 40% sono bambini), i Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati non sono in Europa, ma sono la Turchia, l’Iran, la Colombia. I ¾ dei rifugiati è accolto da Paesi a basso e medio reddito, ultima in ordine di tempo l’Armenia dopo gli avvenimenti nel Nagorno Karabak, e il primo Paese europeo per numero di arrivi è la Germania.
Nel 2022 i richiedenti asilo nell’Unione europea erano 0.88 milioni, nel 2021 0.54 milioni, una quota che rappresenta meno del 1% dei rifugiati mondiali e tra l’1 e il 2 per mille della popolazione europea. Di fronte a questi numeri (per i nuovi arrivi si tratta dell’equivalente di 350 persone in più all’anno per il Ticino) parlare di emergenza, invasione ecc. è del tutto fuori posto, anche se si tratta di flussi di persone tutt’altro che irrilevanti, che vanno organizzati e accompagnati.
Ma a ogni campagna elettorale il tema rispunta come il sole al mattino. Tutti sanno che per evitare le partenze bisogna dare delle prospettive a chi è tentato dal mollare tutto e incamminarsi sorretto solo dalla disperazione; per questo l’Europa, Svizzera compresa, dovrebbe mettere a punto un piano di sostegno all’Africa, corredato di standard anticorruzione e democratici, l’unica risposta seria al fenomeno migratorio da sud. Nel frattempo si dovrebbe finalmente superare il trattato di Dublino, quello che il presidente italiano ha giustamente bollato come fossile, per gestire per alcuni anni gli arrivi sulla base di una corretta ripartizione delle persone che approdano al nostro continente. L’1 per mille di popolazione in più all’anno, se equamente ripartito, non è un problema, perché significa anche nuova gente che lavora e che lavorerà.
La realtà mostra che le ricette nazionaliste non funzionano, perché tendono a scaricare sui vicini i problemi, vicini che, non essendo sempre sprovveduti, fanno altrettanto in un penoso e infinito gioco del rimpallo. Poi, di fronte al prevedibilissimo fallimento delle pseudosoluzioni nazionaliste, si sprecano gli indici puntati, contro Berna, contro il o la responsabile di turno del Dipartimento competente, contro Bruxelles, contro le ong che salvano la gente in mare, contro il papa, contro i buonisti, contro i plutocrati della sostituzione etnica, contro questi e contro quelli, guardandosi bene dal riconoscere che l’unica strada possibile per gestire il tema rimane globale e passa da aiuti e ripartizioni continentali, aiuti e ripartizioni peraltro da sempre osteggiati dai sovranisti.
Che la questione degli stranieri, della migrazione e dell’asilo sia buona solo per far voti a destra ce lo mostra anche la storia delle iniziative popolari. Nel 1970 il 54% dei soli uomini (allora le donne non votavano) respinse l’iniziativa Schwarzenbach, quattro anni dopo il 68% disse no all’iniziativa sulla sovrappopolazione, nel 1977 il 70% disse no all’Iniziativa sul limite degli stranieri al 12,5%, nel 1984 fu il turno del no all’iniziativa sulla svendita del territorio, respinta dal 50,1% dei votanti, nel 1988 il 67% disse no all’iniziativa sulla limitazione degli stranieri, nel 1996 il 54% disse no all’iniziativa contro l’immigrazione clandestina, nel 2000 il 64% degli elettori rifiutò l’iniziativa sul limite di stranieri al 18%, nel 2002 il 51% dei votanti disse no all’iniziativa contro gli abusi nell’asilo, nel 2014 l’iniziativa ECOPOP venne respinta dal 74% dei votanti, nel 2020 l’iniziativa per uscire dalla libera circolazione incassò un no al 62%. Unico successo fu il sì di misura (50,1%) del 9 febbraio 2014, risoltosi però con un’applicazione della legge poco fedele al nuovo e confuso testo costituzionale, questione politica sulla quale la destra non mi pare si sia spesa più di tanto negli ultimi dieci anni per reclamare un’applicazione più corretta di quanto approvato sul filo di lana da popolo e Cantoni.
Le elezioni sono vicine e la piega che prenderà in futuro questo tema dipenderà anche dalle scelte degli elettori. Se a vincere saranno i nazionalisti si andrà avanti con le non soluzioni attuali, in caso contrario, sempre che alle prossime elezioni europee non vincano le destre populiste, si può sperare che finalmente l’approccio globale faccia quei passi avanti che negli ultimi anni purtroppo non si sono visti.