L’incidente nella galleria di base del San Gottardo (il primo deragliamento dalla sua apertura) deve fare trarre i dovuti insegnamenti. Come ampiamente riportato da questo giornale, il Ticino è giustamente allarmato per l’annuncio delle Ffs, secondo cui il ripristino completo della capacità di transito avverrà soltanto nei primi mesi (nei corridoi si parla però già della metà) del prossimo anno. Il nostro cantone, soprattutto chi vive di turismo e si sposta per lavoro, non potrà quindi contare, a lungo, sul nuovo tunnel (inaugurato nel 2016, costato oltre 12 miliardi di franchi e costruito “secondo i massimi e più moderni criteri di sicurezza”), che ci ha avvicinati di molto al resto della Svizzera e di cui si iniziano a vedere i benefici (a maggior ragione adesso che è chiuso).
L’incidente, dovuto alla ruota difettosa di uno dei trenta vagoni di un treno merci diretto dall’Italia in Germania, ha però messo a nudo almeno anche altre due grandi problematiche. La prima è quella di disporre di un’alternativa ben mantenuta e con sufficiente capacità, vitale non solo per il Ticino (i giornali svizzero-tedeschi già riportano del rischio di penuria di derrate alimentari). È quindi adesso più che mai evidente l’importanza della tratta di montagna, che solo qualche anno fa le Ffs volevano declassare da linea nazionale a linea regionale, contro cui – per fortuna – ci si oppose. Anche quella linea va quindi mantenuta con la prospettiva – oggi concreta – di garantire i collegamenti interni al Paese e assorbire il traffico ferroviario sud-nord.
Il fatto poi che il treno deragliato potesse trasportare merci pericolose e che prima dell’incidente nel tunnel del Gottardo sia passato nelle zone densamente popolate di Chiasso, Mendrisio, Lugano e Bellinzona, oltre che negli altri abitati tra la frontiera e il portale sud, fa tornare di strettissima attualità il tema del completamento di AlpTransit con la circonvallazione del Bellinzonese e il completamento a sud di Lugano. A tal proposito, il Consiglio federale ha proposto un messaggio d’investimento che di queste opere quasi non parla, salvo invece stanziare il credito necessario per il raddoppio completo del Lötschberg, la cui realizzazione era stata a suo tempo congelata per motivi finanziari, proprio come le tratte poi non realizzate in Ticino.
È finalmente ora che pure quei progetti vengano tolti dal cassetto dal nuovo capo del Datec, anche se originario di Kandersteg, traendo i dovuti insegnamenti da quanto successo.