La questione climatica è sulla bocca di tutti: ognuno di noi si è fatto la propria idea, sovente basata più su sensazioni che su fatti, e confondendo la percezione dell’andamento meteorologico del luogo in cui viviamo con l’evoluzione del clima a livello planetario. Ma i fatti sull’evoluzione del clima, quelli scientifici, esistono e sono inequivocabili. La loro spiegazione è però da ricercare in una miriade di fattori e variabili, la cui ponderazione ha creato più correnti di pensiero, frazionando il mondo scientifico che ha così perso in credibilità. Un terreno fertile per strumentalizzazioni, subito sfruttato da più parti.
La comunità scientifica concorda tuttavia su un fatto: senza l’effetto serra, la vita sul nostro pianeta non sarebbe possibile poiché la sua temperatura sarebbe di circa 32°C inferiore a quella attuale. Viviamo dunque in una serra che trattiene al suo interno una parte dell’energia termica che, sotto forma di raggi infrarossi, vorrebbe lasciarla. Se chi vive all’interno di questa serra nota un surriscaldamento, non potendo né regolare il sole che la riscalda dall’esterno, né aprirla per lasciare uscire il calore indesiderato, logicamente dovrebbe reagire cercando di fare il possibile per evitare di riscaldarla dall’interno. Tutta l’energia che consumiamo, da cui dipende il nostro benessere, viene trasformata in calore. Utilizziamo energia per spostarci, per cucinare, per riscaldarci e per produrre e trasportare merci e alimenti, attività perlopiù irrinunciabili. Senza intaccare il nostro benessere, la riduzione del calore immesso nella serra passa dalla riduzione degli sprechi. Trattenere il calore del riscaldamento e il fresco della climatizzazione con un’adeguata coibentazione degli edifici è un esempio di riduzione importante degli sprechi.
A disperdere quantità colossali di calore nell’ambiente in modo meno tangibile è la combustione di vettori energetici fossili, i cui processi di combustione, nelle centrali termoelettriche, nei processi industriali e nei motori a scoppio per citare solo i più energivori, sono per loro natura poco efficienti: da essi ricaviamo in media ca. il 40% di energia utile, mentre il rimanente 60% viene disperso nell’ambiente. Nel 2021 sono stati consumati mondialmente 136'000 TWh di energia primaria fossile, rilasciando così inutilmente nell’ambiente una quantità di calore equivalente al consumo elettrico del nostro Paese in 1'380 anni! A ciò va aggiunto quanto disperso dal nucleare, fanalino di coda in fatto di efficienza energetica nel termoelettrico.
Due esempi di assurdo spreco d’energia derivanti da tecnologie che dovrebbero appartenere al passato, dal momento che esistono tecniche nettamente più performanti a costi concorrenziali: 1) Per fornire l’energia elettrica necessaria a bollire 1 litro di acqua per una tisana, la centrale nucleare di Beznau deve immettere inutilmente l’equivalente di due litri d’acqua bollente nelle acque dell’Aar; 2) Dei 50 franchi di carburante spesi per la nostra auto, 15 servono a farla muovere, mentre i rimanenti 35 vanno a riscaldare inutilmente l’aria.
Anche ignorando completamente la problematica legata alle emissioni di CO₂, si arriva dunque alla conclusione che sia la produzione d’energia elettrica che i trasporti vanno ripensati tenendo conto del loro impatto termico sul clima.