Il prolungamento della Legge Covid-19 ha prodotto un dibattito sottotono e il risultato scaturito dalle urne è stato in linea con le precedenti votazioni. Purtroppo la domanda se con la gestione del Covid-19 sia sorto un problema di fiducia tra cittadinanza e autorità, posta a Seidisera Rsi il 5 giugno, è rimasta senza risposta a causa di “problemi ai collegamenti telefonici”.
Quando si parla di Covid, d'altronde, persino in Parlamento l’atmosfera è polarizzata fra il primato della libertà strettamente individuale, rivendicato dal fronte critico, e il primato della salute pubblica rivendicato dalla maggioranza. Ora, poiché la nostra società non può rinunciare né alla libertà, né alla salute pubblica, è necessario allora passare dalla contrapposizione di principi al piano dello scambio costruttivo. Un'informazione trasparente, fondata su prove solide e aperta al dibattito, consolida la fiducia tra autorità e popolazione. Elemento cruciale di una democrazia, cui negli ultimi tre anni forse non si è prestata sufficiente attenzione.
Il 19 dicembre 2020 Swissmedic annuncia di aver effettuato la “prima omologazione al mondo (di un vaccino mRNA) con procedura ordinaria”. Tuttavia l’omologazione è al contrario avvenuta attraverso l’articolo 9a della Legge federale sugli agenti terapeutici intitolato “omologazione temporanea”, che prevede una “procedura semplificata”.
Gennaio 2022. Il presidente della Confederazione Ignazio Cassis afferma ad Arena Srf che è “normale che se qualcuno muore in un incidente stradale ed è positivo al Covid è un morto di Covid”.
Il sito “Coronavirus” dell’Ufficio federale della sanità pubblica fino all’8 aprile 2023 riportava: “il consorzio Pfizer/BioNTech ha testato il vaccino in uno studio con 43’000 partecipanti, alla metà è stato somministrato il vaccino e all’altra metà un placebo”. Tuttavia nel marzo 2021 la maggior parte dei volontari del gruppo di controllo con placebo aveva ricevuto il vaccino, privando autorità e comunità medico-scientifica del più importante strumento di monitoraggio dei suoi effetti. Le autorità non sembrano preoccuparsi del problema, tanto che la statistica delle “Ospedalizzazioni secondo lo statuto vaccinale”, che potrebbe fungere da prezioso strumento indiretto di farmacovigilanza, si presenta oggi con un disinvolto 70% e oltre di “statuto vaccinale sconosciuto”.
Sul fronte del dibattito pubblico, l’intervista del 2 marzo 2023 rilasciata al canale romando Anti | thèse dal Dr. Daniel Koch, noto per aver introdotto le iniziali misure pandemiche, non ha dato luogo ad alcun approfondimento. Egli vi afferma per esempio che: a) l’importanza del vaccino è stata sovrastimata fin dall’inizio della pandemia; b) le agenzie preposte all’omologazione non hanno svolto sufficienti verifiche; c) in assenza di studi con adeguati gruppi di controllo, si deve far capo alle statistiche della mortalità. I morti “per ogni causa” in Svizzera sono stati 67’780 nel 2019, 76’195 nel 2020, 71’192 nel 2021 e 74’300 nel 2022. Qualcosa sembrerebbe non tornare.
Immaginiamo allora che un ex alto funzionario del Dipartimento federale delle finanze avanzasse importanti riserve sulla gestione dell’affaire Crédit Suisse: non avremmo certo il silenzio stampa che circonda oggi le sorprendenti dichiarazioni del Dr. Koch!
È vero che per governare un’emergenza sanitaria, caratterizzata da sorpresa, sofferenza e paura, le autorità hanno dovuto prendere decisioni in base a quanto sapessero in quel dato momento, perché tergiversare avrebbe generato sfiducia.
Tuttavia ci si può chiedere se, nell’esercizio degli accresciuti poteri, le autorità abbiano sempre praticato: a) l’esercizio del principio della proporzionalità; b) il coinvolgimento delle parti sociali; c) l’obbligo di informare esaurientemente e d) il dovere di fondare ogni provvedimento sui dati scientifici disponibili, come d'altronde previsto dall’articolo 1 della Legge Covid-19.
Per superare l’eccessiva, tossica polarizzazione attorno alla gestione del Covid, per essere meno impreparati a un’eventuale nuova emergenza sanitaria, è fondamentale dare luogo all'analisi rigorosa di cosa non abbia funzionato sul piano dell’informazione (gli stessi medici sono stati informati adeguatamente?), discutere senza pregiudizio i quesiti posti da più parti, e procedere alla piena implementazione degli strumenti statistici di farmacovigilanza.