La politica dell’Udc in materia di cambiamenti climatici è chiaramente ideologica e negazionista. Da qualche anno, siccome il cambiamento è diventato innegabile, la strategia è ora di negare l’origine antropica del cambiamento. Anche la politica energetica è sempre stata figlia di questa ideologia: una difesa a oltranza delle energie fossili e del nucleare. Il gioco era facile, petrolio e gas hanno garantito per decenni un approvvigionamento sicuro ed economico del nostro Paese. A suon di referendum a livello nazionale e in molti Cantoni (contro le revisioni della legge sull’energia) l’Udc ha messo sabbia negli ingranaggi della strategia energetica 2050 votata dal popolo nel 2017, e già allora osteggiata dall’Udc con il sostegno dall’industria del gas (Rösti, ex presidente dell’Udc, è stato fino a poco tempo fa presidente dell’associazione Swissoil). Questo ha ritardato non poco la politica di adozione di misure di efficienza energetica e di sviluppo delle energie rinnovabili. Con la crisi ucraina, questa politica si sta rivelando un boomerang. La forte dipendenza dall’estero per gas e petrolio è diventata una minaccia per l’approvvigionamento; l’aumento del prezzo del gas ha trascinato anche quello dell’elettricità in quanto sul libero mercato il prezzo viene determinato dal vettore energetico più caro, improvvisamente il gas. Mentre in Europa il boom delle rinnovabili ha permesso in un solo anno di risparmiare 12 miliardi di euro in acquisto di gas russo, in Svizzera stiamo sempre e ancora affrontando l’ennesimo tentativo dell’Udc di sabotare la svolta energetica e l’abbandono delle energie fossili, ora più che mai indigeste e costose. Se vogliamo una Svizzera moderna e competitiva e un approvvigionamento sicuro dobbiamo votare sì il 18 giugno alla Legge clima.