La cassa pensione dello Stato non è la cassa pensione degli statali. O meglio lo è, ma solo in parte. Diciamoci un paio di verità. La retorica della destra neoliberista che vede lo Stato, con i suoi funzionari, come un fardello dal quale liberarsi il prima possibile, sta strumentalizzando il tema della diminuzione delle rendite degli statali a fini propagandistici in maniera ingiusta ed errata. La solita strategia populista del “noi” contro “loro” è facilmente identificabile e trova il tempo che trova.
La prima verità è che l’Istituto di Previdenza del Canton Ticino (Ipct), tempo fa la Cassa pensione dello Stato, altro non è che il più grande istituto di previdenza del nostro Cantone, che assicura i rischi decesso, invalidità e vecchiaia di ben 27’000 assicurati (17’000 lavoratori attivi e 10’000 pensionati). Dei 17’000 assicurati attivi, ben 7’000 non sono dipendenti dello Stato!
Di fatto il 41% degli assicurati non ha le condizioni di lavoro prescritte dalla Legge sugli stipendi degli impiegati dello Stato e dei docenti (LStip) e dalla Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (Lord). La prevista diminuzione delle rendite avrà un effetto devastante anche su questo 41% di affiliati, persone con condizioni salariali e lavorative per nulla paragonabili a quelle dei dipendenti dello Stato, ma nessuno ne parla.
Se Governo e Parlamento non dovessero intervenire aumentando significativamente i contributi previdenziali versati, migliaia di collaboratori impiegati presso gli enti esterni affiliati all’Ipct, avranno rendite pensionistiche al di sotto della soglia di povertà. Tra questi enti esterni, un centinaio, figurano fondazioni, istituti sociali, servizi di pubblica utilità, consorzi ecc… Attenzione! La battaglia politica contro lo Stato, avrà come effetto collaterale il peggioramento delle condizioni previdenziali di migliaia di persone, che con lo Stato non hanno niente a che fare!
Un’ultima verità, dei 17’000 assicurati attivi il 58% sono donne che, per ovvie ragioni, hanno spesso lacune contributive, salari assicurati e percentuali d’occupazione inferiori rispetto ai colleghi uomini.
Governo e Parlamento ragionino su quanto sopra. L’attacco populista all’Ipct mira ai tanto inflazionati e declamati privilegi dei dipendenti dello Stato sbagliando bersaglio, colpendo, di fatto, altre sette migliaia di persone, a maggioranza donne, che allo Stato pagano le imposte, senza ricevere in cambio nessun salario. Persone del ceto medio, quelle che tanto dicono di voler tutelare.