Spettabile Consiglio di Stato,
mercoledì 10 maggio una parte di noi, impiegate e impiegati dello Stato e di alcuni enti parastatali legati alla cassa pensioni Ipct, si asterrà dal lavoro per la seconda volta in poche settimane.
La ragione che ci spinge a scioperare è ben nota, ma è utile ribadirla: le nostre condizioni di lavoro stanno peggiorando sempre di più.
Negli ultimi decenni sono stati intaccati i nostri stipendi, è stata colpita la nostra cassa pensioni, abbiamo subito blocchi o sospensioni degli scatti salariali, in momenti di crisi economica ci è stato chiesto di versare contributi di solidarietà. Nonostante ciò, abbiamo continuato a svolgere il nostro lavoro, abbiamo pulito uffici e corridoi, abbiamo pattugliato le strade, abbiamo insegnato nelle scuole, ci siamo presi cura delle persone anziane e degli ammalati, abbiamo continuato a garantire i servizi dello Stato.
Perché ci teniamo a vivere insieme in una società che salvaguardi il concetto di dignità: dignità delle persone, dignità del lavoro.
Questo principio è prezioso e delicato, ed è interesse di tutti difenderlo dagli attacchi di chi, per ragioni di opportunità o, peggio, di colpevole ignoranza, trae un apparente vantaggio dal suo indebolimento. Rendere precaria la vita, impoverire la popolazione mette a rischio l'intero tessuto sociale.
La tutela della dignità è il collante che tiene insieme gli individui, a prescindere dalle loro storie personali, dalle provenienze e dalla fortuna o dalla sfortuna che hanno caratterizzato le loro vite, prima ancora che il carattere e il merito entrino a fare parte del gioco. Perché il successo o l’insuccesso di una persona non sono solo il frutto della sua capacità personale, sono anche il segnale di ciò che la società tutta sta facendo. Quando la classe politica decide di indebolire le condizioni salariali e pensionistiche di una fetta della popolazione, ciò che genera non è solo risparmio, non è solo una cifra nera e non rossa su un foglio di calcolo, è anche e soprattutto il segnale limpido e chiaro che chi svolge quel mestiere vale meno di prima.
Essere parte di questo delicato e prezioso organismo che è lo Stato, essere quelli che insegnano, che curano, che vigilano, che puliscono, ci ha sempre resi orgogliosi e fieri, perché siamo a contatto con tutti i volti del mondo in cui viviamo, da quelli più bisognosi a quelli che rappresentano la nostra eredità e le nostre radici. Allora forse capirete il nostro crescente disagio nell'accettare l’indifferenza con la quale decidete di indebolire la nostra condizione di lavoro, il nostro diritto a vivere con dignità il presente, perché sappiamo che ogni nostro gesto è parte di quel prezioso meccanismo che lega passato, presente e futuro.
Mercoledì 10 maggio molte e molti di noi si asterranno, per la seconda volta in poco tempo, dall’esercizio delle proprie funzioni. È un segnale che ci auguriamo possa indurvi a cambiare la decisione che ha portato a un taglio del 40 per cento delle nostre pensioni. Ma è un segnale che speriamo possa essere colto anche da tutta la cittadinanza, in particolare dai giovani, perché con le misure di oggi si prospetta per loro un futuro meno dignitoso. È anche per loro che oggi è importante scioperare.
E quando non è la classe dirigente a tutelare la dignità, è bene che si mobiliti la popolazione.