A 140 anni dalla morte, il dibattito sul fondatore del socialismo scientifico si amplia a nuovi temi e sensibilità. Se ne parla domenica a Mendrisio
Cicli e ricicli anche nel tornare a Karl Marx, il fondatore del socialismo scientifico. Ogni generazione lo riscopre a modo suo, cercando di ricavarne bussole e chiavi interpretative per decifrare il presente e magari, come diceva lui stesso nella celebre undicesima tesi su Feuerbach, per cambiare il mondo. "Vaste programme", avrebbe sentenziato De Gaulle, ma qui risiede il potere seduttivo delle grandi narrazioni, come quella racchiusa in quest’opera sconfinata, una miniera nella quale continua a scavare un’agguerrita squadra di esegeti e filologi.
Nel primo numero dell’anno, il settimanale Der Spiegel l’ha messo in copertina, nelle fogge di un alternativo ecologista tatuato e irriverente, con al collo un ciondolo a forma di turbina eolica... Un Marx "verde" accompagnato dalla domanda "non è che avesse ragione?". Ragione nel sostenere che il capitalismo così come lo vediamo operare non funziona più e che perciò bisogna trovare il modo di rinnovarlo ("erneuern"). Ma già qui sorge un primo problema: in Marx il capitalismo andava superato, non riformato. I riformatori sono stati altri. Ad esempio Joseph A. Schumpeter e John M. Keynes, venuti al mondo nello stesso anno, il 1883, in cui Marx moriva (14 marzo), debilitato da una serie di infezioni polmonari. Il cosiddetto "ritorno a Marx" inteso come recupero della riflessione originaria, non ancora inquinata dalle innumerevoli chiose degli interpreti, è un classico, una specie di fonte della giovinezza in cui immergersi per riprendere vigore. In quest’impresa si misureranno, domenica 5 febbraio alla Filanda di Mendrisio, Paolo Favilli, Virginio Pedroni e Christian Marazzi. Titolo dell’incontro: "Cosa significa sinistra oggi? Chiediamolo a Karl Marx". Lo spunto è dato da un saggio di Favilli uscito nel 2021 dall’editore Franco Angeli e intitolato ‘A proposito de Il Capitale. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea’. Paolo Favilli, già docente al Liceo di Lugano e all’Università di Genova, si occupa di questi temi da vari decenni: da storico e "marxologo" ha al suo attivo una nutrita serie di pubblicazioni. Vedremo come risponderà alla domanda rifacendosi al verbo marxiano, visto che la sinistra da tempo s’interroga sulla sua ragion d’essere in sedute terapiche collettive che sembrano non finire mai.
Com’è noto la bibliografia è sterminata e non è il caso di inoltrarci in questa selva fitta e intricata come una foresta pluviale. Ma un’eccezione va fatta per uno dei rari studi apparsi in Ticino nel secondo dopoguerra. Alludiamo al ‘Marx redivivo’ di Basilio M. Biucchi, libro frutto di un ciclo di lezioni tenute nell’ambito dei corsi per adulti diffusi dalla Radio della Svizzera italiana nel 1974. Biucchi, economista di origine bleniese, è stato un intellettuale prolifico, sia come pubblicista per varie testate cantonali, sia come docente universitario, professore di Economia politica e di Scienze delle finanze all’Università di Friburgo. In quella sede propose agli studenti per vent’anni lo studio della vita e dell’opera di Karl Marx, esercizio poi riversato nel volume suddetto, edito da Pantarei. "Marx, oggi, è più vivo e redivivo che mai", osservava già nel primo capitolo l’autore: "Marx è uscito dal ghetto, nel quale la filosofia, l’economia, la sociologia e la politica ufficiali e dominanti avevano cercato di relegarlo per più di cinquant’anni".
Il libro è senz’altro istruttivo quale introduzione a Marx e ai dibattiti degli anni Settanta. Ma è anche utile come testimonianza di una parabola ideologica e politica tormentata, quella di Biucchi stesso, che dall’adesione alle dottrine corporative degli anni Trenta approdò infine alla metodologia marxista, sull’onda di un entusiasmo che al lettore odierno appare quanto meno esagerato. A suo giudizio Marx – come volle precisare sulle pagine del Popolo e Libertà il 12 gennaio 1974 – non aveva soltanto "rivoluzionato la storia e la politica, dalla metà del secolo scorso ad oggi, ma possiede tanta vitalità e forze di idee da ricondurre il mondo di oggi alla riscoperta o ad un rinascimento di pensiero, che non bisogna certo vergognarsi di chiamarlo col suo nome".
Crollato il muro di Berlino, collassata l’Unione Sovietica, archiviato il marxismo-leninismo d’impronta staliniana, Marx ritorna ora nelle vesti di un attivista "öko" da centro autonomo: una rinascita che nella comunità scientifica ha già provocato scompiglio e suscitato anche qualche perplessità, visto che apre scenari fin qui poco o punto considerati dalla tradizione scaturita dal suo progetto di "svelare la legge economica del movimento della società moderna" (prefazione alla prima edizione de Il Capitale). Su questo punto non si può che concordare con il liberale Raymond Aron, il quale – nel corso di un convegno tenutosi a Parigi nel 1968 per iniziativa dell’Unesco – ebbe a definire il pensiero di Marx "equivoco e inesauribile": "Senza questo carattere di equivocità, la diversità delle interpretazioni non si spiegherebbe; ma se l’equivocità non rispecchiasse tutto il valore di una problematica e la ricchezza di un pensiero, non meriterebbe alcun rispetto. Se la scienza odierna avesse risolto i problemi posti da Marx, egli apparterrebbe al passato; ma, e questa assemblea è sufficiente a provarlo, Marx rimane nostro contemporaneo".