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Come evitare le stragi dei migranti

Accogliere tutti è impossibile e illogico, persegui(ta)re chi fugge da Paesi in guerra anche. Ma qualche soluzione c’è, per l’Europa e per l’Africa.

Sulla scala delle innumerevoli crisi con cui l’Europa si trova ad avere a che fare, quella dell’immigrazione attraverso il Mediterraneo è ormai tra le più gravi per le sue proporzioni in termini di persone e di valori morali coinvolti.

Se vogliamo comprenderne le dimensioni reali, non possiamo trascurare alcuni dati. Il primo è certamente quello della consistenza inedita dei flussi migratori: tanto grandi l’intera Europa non ne ha mai visti simili nella sua storia recente. Per quanto i singoli Stati possano credere bene di intervenire promulgando leggi aspre e repressive, o pensare di impiegare armi e soldati per blindare il confine marittimo, il numero di persone disposte a rischiare di morire per arrivare nel nostro continente non diminuirà. Lo si comprende osservando una mappa del mondo: attorno all’Europa si sono moltiplicati gli scenari di crisi, le guerre, le guerre civili, le carestie – un cambiamento spesso dovuto proprio alla goffa diplomazia o agli errori di calcolo strategico dei singoli Stati europei. Mali e Algeria, Sahel Libia, Darfur e Corno d’Africa; Siria e Afghanistan: lasciarsi alle spalle questi inferni vale qualsiasi pena e qualsiasi spesa.

Proprio il crollo della Libia subito dopo il rovesciamento del dittatore Mu’ammar Gheddafi fa sì che il Paese sia diventato lo sbocco ideale per traffici illeciti di ogni tipo, e che i flussi migratori vi si concentrino, privilegiando la rotta su Lampedusa piuttosto che quelle dal Marocco o dall’Algeria al sud della Spagna, o dalla Turchia alle isole greche. Senza la collaborazione della Libia, attualmente uno Stato-fantasma, si va poco lontani. La cooperazione con i Paesi a lei vicini è necessaria per sorvegliare le rotte percorse dai migranti fino al mare e per smantellare le reti di traffico di esseri umani che le utilizzano; la distruzione dei mezzi di trasporto usati dai criminali. Per ridurre la pressione migratoria diventa necessario affrontare cambiamenti climatici, fame e sviluppo. Bisogna intervenire alla radice del problema e anche è importante affrontare i motivi che portano le persone a fuggire, tra cui i conflitti, l’instabilità politica, violazioni dei diritti umani e la povertà. La sfida è poter credere che l’Unione africana possa rivelarsi un’istituzione all’altezza della situazione e che l’Unione europea possa in questo aiutarla ad affrontare le grandi sfide che il continente Africano subsahariano sta vivendo dalla crisi libica, passando per la violenta situazione di Boko Haram in Nigeria. Il legame intrinseco tra stabilità politica e crescita economica degli Stati è qualcosa che non può non essere preso in considerazione, se si vuole aiutare gli Africani subsahariani a non fuggire dall’Africa subsahariana per mera disperazione. Il fenomeno della migrazione non può certo essere fermato, ma possono costruirsi i presupposti perché molti decidano di non partire, trovando loro occasioni di ricchezza e speranza nei propri Paesi.