Scrivevo nel 2019, alla vigilia della votazione per il rinnovo del Governo e del Parlamento cantonale, consapevole che la mia esortazione può valere, ahimè, poco più di un sogno di metà autunno: "S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo (…)": è partita – per il momento senza troppi rulli di tamburo – la corsa alle poltrone cantonali (per la verità con enorme difficoltà a reperire candidati). Lasciamo in pace Alessandro Manzoni, con il suo Conte di Carmagnola, e veniamo al dunque. Premesso che i partiti, a livello cantonale, hanno tutto il diritto di fare le proprie scelte, a prescindere, è a livello distrettuale che le cose si complicano un po’, nel caso specifico se volgiamo lo sguardo al Mendrisiotto. Ho sempre ritenuto che il diritto di scegliere i rappresentanti di qualsiasi consesso debba essere scevro da condizionamenti di parte (in altre parole, secondo coscienza e al di là degli steccati partitici). Questa mia visione della politica l’ho spesso espressa ad amici e conoscenti, rappresentanti di tutti i partiti, con fortune alterne. Oggi, più che mai, mi sento di affermare che il Mendrisiotto ha bisogno di un consigliere di Stato. L’ultimo rappresentante momò in Governo fu Rossano Bervini (1983-1991). Sono trascorsi oltre trent’anni e abbiamo tutti sotto gli occhi (e il naso…) come è stata ridotta la nostra ex (?) splendida terra: "cunsciàda cumè san Quintin", secondo un motto nostrano. Mi permetto di aggiungere che per ottenere la vittoria occorre un consenso unanime e trasversale attorno a un politico locale che sappia interpretare al meglio le aspettative dei cittadini nella "stanza" che più conta a livello esecutivo cantonale. Chi meglio di un personaggio nato e cresciuto nel distretto, attento alle problematiche del nostro territorio, dinamico, che possieda la facoltà di professare le proprie idee e nel contempo di rispettare quelle degli altri, aperto al dialogo, dove a prevalere sia l’onestà intellettuale e l’interesse comune (oggi messo a rischio da una società sempre più individualizzata), propenso all’ascolto e, cosa non trascurabile, deciso ad affrontare di petto i problemi di questo Mendrisiotto viepiù nel caos edilizio e stradale in primis? Diciamolo chiaramente: si sta instaurando anche da noi una cultura di deresponsabilizzazione della politica nei confronti delle fasce più deboli della popolazione, da una parte, e l’aumento di investimenti sproporzionati alla nostra realtà (chi vuol capir, capisca…) dall’altra. È la politica che deve riappropriarsi del nostro territorio (e di tutte le attività che vi ruotano attorno), con finalità a misura d’uomo. Altrimenti, fra non molto, saremo tutti perdenti. Oggigiorno, purtroppo, molti politici non fanno che chiederci, a ogni scadenza di legislatura, un atto di fiducia. Ma qui la fiducia non basta: ci vuole l’atto di fede. E per aver fede occorre innanzitutto credere. Se sognare è la domenica del pensiero, crederci è la resurrezione del Mendrisiotto.