Molti, troppi edifici storici, soprattutto nei nuclei di villaggi più discosti e nei territori fuori zona edificabile, sono sempre più a rischio di salvaguardia. Un ulteriore peggioramento del loro stato di conservazione porterebbe inevitabilmente al crollo, e il danno sarebbe irreversibile. Ciò non è accettabile, per un Ticino che vuole guardare al futuro (anche) valorizzando quelle che sono le proprie tipicità architettoniche e culturali.
Le cause che hanno portato a questa situazione sono molteplici. Una fra di esse, di cui invero si parla poco, sono le intricate forme di proprietà, a volte comunioni ereditarie (Ce) chilometriche e di difficile reperibilità. Esse fungono senza dubbio da ostacolo spesso insormontabile. Inoltre, il disinteresse dei proprietari e/o la difficoltà a vendere (sia all’interno della Ce che all’esterno) determinano il degrado degli immobili. Lo stesso discorso si presenta quando muore un proprietario unico, i cui eredi – per svariati motivi – non aggiornano la nuova proprietà fondiaria: il tempo passa, subentrano magari nuovi comproprietari e, soprattutto, l’edificio deperisce.
Con il collega Alessandro Speziali ci siamo chinati sulla problematica e abbiamo inoltrato una mozione al Consiglio di Stato, chiedendo di analizzare la situazione e valutare delle misure per scongiurare questa tendenza negativa, che costituisce una (ulteriore) minaccia alla tutela del nostro patrimonio costruito. Ad esempio, si potrebbe pensare a misure d’incentivo fiscale per incoraggiare il riordino fondiario nel caso di Ce complesse o favorire trapassi ereditari più celeri. Siamo nel campo del sacrosanto diritto privato, naturalmente; uno sforzo per scongiurare gli effetti negativi testé presentati è tuttavia doveroso.
Dobbiamo renderci conto, sia il privato cittadino che le istituzioni di diverso genere, che i prossimi anni saranno decisivi, nel bene o nel male, per la salvaguardia degli edifici storici. L’amministrazione cantonale, fra l’altro, si sta proprio chinando su una mia iniziativa, approvata all’unanimità dal Parlamento, volta alla rivitalizzazione, anche sociale, dei nuclei tradizionali dei comuni ticinesi.
Insomma: servono maggior consapevolezza e un impegno corale su più fronti.