Con questo termine si indica la paura dello straniero, che nasce da radicati pregiudizi e stereotipi e si manifesta attraverso comportamenti e atteggiamenti di rifiuto nei suoi confronti. La xenofobia, che si basa su un’idea di superiorità nazionale e che vede nello straniero una minaccia, è un rapporto negativo fra due entità sociali indefinite, perché non si prende di mira un avversario definito da particolari caratteristiche culturali o politiche, ma come appartenente a un altro tipo di società. La xenofobia nasce e si diffonde quando lo straniero è in qualche modo interno al proprio mondo, quando crea la sensazione di essere un invasore, provocando la condizione che bisogna allontanare, discriminare, emarginare lo straniero, oppure muovergli guerra fino a sterminarlo.
Lo straniero è qualcuno che manifesta con il suo aspetto fisico, i tratti culturali, i modi e il linguaggio la provenienza da un altro luogo e la non appartenenza all’identità culturale e politica del territorio in cui si trova, che può essere visto come un individuo "inferiore", perché manca di "civilizzazione". Al contrario, gli autoctoni sono coloro nati e radicati nel territorio dove vivono e da questa collocazione spaziale, vissuta come immutabile nel tempo, dalla loro condizione di cittadini di uno Stato-nazione essi traggono il sentimento della propria superiorità nei confronti dello straniero. La xenofobia può essere causata dal timore di una discesa sociale, da ansie di status, dalla sfiducia nella capacità di resistenza e affermazione della propria identità culturale da parte degli autoctoni, dal percepire gli stranieri come una minaccia alla propria identità culturale, dal percepire gli stranieri come una minaccia alla propria ascesa sociale, dalle condizioni di sicurezza o di insicurezza presenti nella società. La paura dello straniero raramente si presenta allo stato puro, ma può essere accompagnata dal sentimento opposto dell’interesse per lo straniero: questi due sentimenti convivono, si mescolano secondo proporzioni variabili e raramente accade che l’uno prevalga sull’altro, per cui l’incontro fra stranieri e autoctoni è dominato da una sostanziale ambivalenza, per cui lo straniero può essere nello stesso tempo ammirato e disprezzato, accolto e respinto, ricercato ed evitato, come desiderio di conoscenza, di contatto, di accoglienza; in senso negativo, si traduce in disgusto, rifiuto, desiderio di distruzione nei confronti del ‘diverso’ cioè diventa xenofobia.
La sociologia ha rilevato che i rapporti sociali tra lo straniero e i membri della società di accoglienza sono caratterizzati in primo luogo dall’ambivalenza: la società emargina lo straniero ma nello stesso tempo ne ha bisogno per alimentare la propria economia, per assolvere quei compiti che gli autoctoni rifiutano o non possono svolgere, occupando posti che altrimenti sarebbero liberi. Per eliminare o ridurre l’ambivalenza e il possibile insorgere della xenofobia è necessario rafforzare i rapporti di comunicazione interculturale, tenendo conto che per lo straniero è sicuramente difficile integrarsi con le tradizioni culturali e le istituzioni della comunità nella quale è entrato a far parte, perché il suo primo obiettivo è ottenere quel lavoro e raggiungere quel benessere che in patria gli sarebbero preclusi. Il pregiudizio è un’opinione che formuliamo precedentemente senza avere nessuna prova o supporto e può essere positivo, ma in genere è negativo. Quasi più di 60 anni fa Gordon Allport (1954) formulò la celebre ipotesi del contatto: pensare male degli altri senza una ragione sufficiente.