I dibattiti

Ospedale regionale di Bellinzona: il gioco dei tre bussolotti

‘Perché non realizzarlo nella zona nevralgica delle ex Officine, anziché alla Saleggina? I vantaggi sarebbero evidenti’

Felice Zanetti
(Ti-Press)

L’emergenza climatica e negli ultimi mesi purtroppo anche la tragedia ucraina hanno riportato in primo piano concetti quali l’autosufficienza alimentare e persino il recupero del concetto di autarchia. È di alcuni giorni fa la conferma che la produzione alimentare svizzera copre a malapena la metà del fabbisogno alimentare interno. Questi concetti vanno necessariamente applicati anche al martoriato territorio ticinese e devono indurci a fare tutto il possibile per preservare il terreno ancora libero da costruzioni.

Bene ha fatto il Consiglio di Stato ad acquisire negli scorsi mesi da Armasuisse il comparto della Saleggina di Bellinzona; la domanda da porsi è se questa vasta superficie inedificata dovrà essere preservata per le generazioni future adibendola a utilizzi non invasivi (scopi agricoli o quale area di svago vista anche la sua collocazione a lato delle zone golenali) oppure – come si paventa – sacrificata per l’edificazione del nuovo Ospedale regionale destinato a sostituire l’attuale San Giovanni.

Alcune considerazioni: l’idea di realizzare il nuovo ospedale alla Saleggina è antecedente alla decisione delle Ffs di trasferire le Officine a Castione. Se fino a tale decisione non esistevano nel Bellinzonese alternative in grado di contenere la nuova struttura, ora l’ospedale ai Saleggi non dovrebbe più essere un dogma. L’indirizzo iniziale dovrebbe essere rivisto proprio in funzione delle potenzialità che il comparto che si libererà in centro città possiede, tanto più che le ferrovie stesse si sono dichiarate disponibili a esaminare la possibilità di mettere a disposizione dell’ente pubblico (Cantone e Comune) ulteriori frazioni di terreno che si sono riservate.

Perché allora non considerare seriamente la possibilità di realizzare l’ospedale in questa zona nevralgica? I vantaggi sarebbero evidenti: oltre a salvare la Saleggina, la prossimità con la stazione favorirebbe l’utilizzo dei mezzi pubblici per personale e utenza, ciò che non sarebbe il caso per l’attuale alternativa. Il nuovo ospedale verrebbe a trovarsi a poco più di 15 minuti dai maggiori centri cantonali, praticamente sulla porta di casa. Si eviterebbe pure di portare ulteriore traffico sulla strada cantonale di Giubiasco o sul futuro nuovo semisvincolo che, alla luce dell’aumento costante del traffico privato, rischia di nascere già vecchio in particolare per quanto riguarda la capacità di reggere il traffico sull’incrocio via Tatti-via Zorzi, vera porta d’ingresso al centro città prima dell’imbuto orografico del Portone.

Se comparto Officine e Saleggina sono i primi due bussolotti, il gioco è completato dall’attuale sede ospedaliera di Ravecchia destinata, una volta realizzato il nuovo nosocomio, a essere dismessa nella sua attuale funzione. Viste le dimensioni, per il suo utilizzo futuro si succedono gli sforzi di fantasia. Perché allora non immaginare lì la cittadella delle scienze, della ricerca e della formazione, ciò che permetterebbe pure di riutilizzare almeno parzialmente gli spazi dedicati attualmente in uso all’Eoc? Chiedendo alle Ffs di rinunciare alle loro proprietà nel comparto Officine, una parte dei sedimi dell’attuale ospedale potrebbe essere posta in compensazione a favore delle stesse. Si tratterebbe sicuramente di una permuta oltremodo interessante ottenendo proprietà in quella che una volta era definita la Nizza bellinzonese. Tutto troppo semplice? Magari sì, ma dalla "fantasia al potere" di sessantottesca memoria è nato un nuovo mondo. Perché non potere immaginare anche una nuova Bellinzona?