Il caso dell’attacco al gregge di Novazzano riapre il dibattito. Quando la natura si riprende qualche spazio
Sin dal Medioevo (e sicuramente anche prima), il lupo ha sempre fatto notizia. È sempre stato associato al male, anche perché, se si pensa allo stato di precarietà dei nostri antenati, perdere una vacca o una capra era una tragedia immane. Non c’erano indennizzi assicurativi e si poteva al limite contare sulla solidarietà di gente povera tanto quanto lo sciagurato che aveva subito la perdita di bestiame.
Il lupo, per natura, ha sempre prediletto gli ungulati selvatici e il suo menù di carne interessava principalmente camosci, cervi, daini, cinghiali (soprattutto i piccoli) e tutti quegli animali che occupano le aree boschive, principale habitat di questo canide.
L’uomo, tanto per cambiare, ne ha influenzato la dieta quando si è messo all’allevamento intensivo, disboscando ferocemente la casa di questi predatori e riducendo l’accesso al loro cibo di predilezione. La caccia a questo animale, cominciata già attorno al XVI secolo, si è fatta viepiù spietata nei secoli successivi, diventando efficace con la diffusione delle armi da fuoco e le trappole a scatto (più recentemente accompagnate dall’uso di veleni come la stricnina).
Con il cambio di dieta imposto, sono pure aumentati gli episodi di incontro tra lupo e uomo, con la creazione di tutto l’immaginario negativo che accompagna le gesta di questo animale, sino a creare miti come il lupo mannaro, probabilmente a causa di contatti tra uomo e lupi con la rabbia. Va detto infatti che il lupo non attacca l’uomo, anzi, ha la tendenza a fuggirlo (salvo in rari casi dove è ferito o messo alle strette). Lo conferma la (quasi totale) assenza di cronache di attacchi diretti nei confronti dell’uomo nel corso della storia.
Un lupo a Novazzano? Al lupo! Al lupo! E allora? Spiace sicuramente per chi ha perso capi di bestiame ed è giusto prevedere un pieno indennizzo in questi casi, ci mancherebbe altro! Bisogna dapprima confermare che si tratta di un attacco da parte di questo animale e forse dovremmo indignarci e preoccuparci un po’ meno per la nostra incolumità.
Viviamo in un mondo estremamente addomesticato, il più delle volte per cause tutt’altro che nobili e noncuranti della salute del nostro pianeta. Se la natura si riprende qualche spazio non dovremmo gridare ‘al lupo!’ a ogni centimetro che perdiamo, soprattutto se il pericolo reale per la popolazione è prossimo allo zero assoluto.
Il pianeta non è solamente nostro e un po’ di biodiversità aumenta la resilienza degli ecosistemi in un mondo troppo standardizzato e dove i pericoli maggiori vengono da una pratica umana scellerata (allevamenti intensivi di animali geneticamente tutti uguali che aprono la strada a epidemie, dipendenza da prodotti agricoli standardizzati e con poca variazione genetica dai quali dipendiamo e che in caso di malattie verrebbero a mancare massivamente ecc.). Sono questi i veri pericoli, non un povero lupo (se lupo è) che cerca di sopravvivere in un ambiente che abbiamo trasformato massivamente e senza visione a lungo termine. "Homo homini lupus" (l’uomo è un lupo per l’uomo) è stato ben detto, tra gli altri, da Thomas Hobbes.