Il prossimo 13 febbraio siamo chiamati a esprimerci su un’iniziativa che propone il divieto in Svizzera sia della sperimentazione animale che di quella umana. Un intento quello dell’iniziativa che, a primo acchito, può raccogliere il consenso di tutti ma che a un’analisi più approfondita dovrebbe lasciare inorriditi. L’iniziativa, infatti, oltre a vietare la sperimentazione animale e umana in Svizzera, vieta anche la vendita e l’importazione di prodotti sviluppati usando tali sperimentazioni. Ciò impedirebbe sia lo sviluppo di nuove medicine e trattamenti ma, dato ancora più preoccupante, anche la vendita in Svizzera di medicine già esistenti che regolarmente sottostanno a nuovi test e studi sulla loro efficacia ed effetti collaterali. Insomma, dalle cure all’avanguardia di malattie rare all’antidolorifico di fiducia, a rimetterci è la salute di noi tutti. La soluzione? Secondo gli iniziativisi sarebbe da cercare nei metodi di sperimentazione alternativi come simulazioni al computer o culture di cellule. Malgrado il loro forte sviluppo negli ultimi anni, questi metodi rimangono complementari ai testi su esseri viventi perché non sono in grado di replicare le complesse interazioni tra gli organi. Inoltre, spesso per essere sviluppati essi stessi necessitano di test su animali ed esseri umani e sarebbero dunque vietati. Ci ritroveremo dunque con la ricerca medica paralizzata e le farmacie vuote. L’accesso a cure mediche di qualità sarà solo possibile a chi ha i mezzi finanziari necessari per recarsi all’estero. Gli altri saranno costretti a ripiegare sui famosi “rimedi della nonna” la cui efficacia non è scientificamente provata e non lo potrà mai essere senza sperimentazione su animali ed esseri umani. Un voto, quello del 13 febbraio, le cui conseguenze riguardano tutti noi, votiamo dunque con testa.