Come riferito dalla stampa, la granconsigliera Plr Cristina Maderni ha recentemente ultimato la bozza del rapporto favorevole ai messaggi governativi del 15 aprile 2015 n. 7086 e del 7 giugno 2017 n. 7086A concernenti l’approvazione della Legge sulle misure restrittive della libertà dei minorenni nei centri educativi, del Piano di utilizzazione cantonale e del contributo unico e massimo a fondo perso di CHF 3’345’000.- per la realizzazione di un centro educativo chiuso per minori. Il Parlamento potrebbe approvare il rapporto già a dicembre o all’inizio del 2022. Il Coordinamento Contro il Centro educativo minorile chiuso è allibito di fronte alla totale ignoranza delle criticità emerse e delle contestazioni sostanziali da parte di una qualificata coorte di professioniste, professionisti del settore, cittadine e cittadini nonché dal nostro coordinamento. Ricordiamo che nel 2018 circa 500 operatori sociali del Canton Ticino hanno firmato una petizione di opposizione alla creazione di tale inutile struttura. Ebbene, nell’imminenza di una decisione orfana di elementi probanti, il Coordinamento vuole ribadire i punti per cui invita accoratamente il Parlamento a rigettare il progetto Cecm.
Il cantone Ticino deve davvero dotarsi di una struttura che di fatto come pensata e strutturata, sarà un carcere minorile? Le problematiche iscritte nelle politiche giovanili, non meritano un approccio diverso da quello repressivo a scapito di quello educativo? Vi sembra normale prevedere misure di contenimento che contemplano l’isolamento e il fissaggio al letto con delle cinghie (modalità per altro abolite in ambito psichiatrico) quali “strumenti educativi”? Queste sono solo alcune domande che vogliamo porre alla popolazione e ai suoi rappresentanti in Gran Consiglio. Noi, come coordinamento contro il Cecm, ci opponiamo con tutte le forze a questo progetto. Come si può pensare che un centro chiuso possa essere educativo? Le politiche carcerarie generano l’80% di recidive. Cosa ne sarà di questi minori che già a partire dai 12 anni dovranno sperimentare sulla propria persona tali misure? Il centro chiuso determinerà l’esclusione più radicale dei giovani dal tessuto sociale. La maggior parte di loro vivrà male tale intervento e quando uscirà sarà più arrabbiata di prima. Rispetto a questo progetto non viene nemmeno presa in considerazione la possibilità di potenziare le capacità di accoglienza delle numerose strutture già esistenti evitandone così la costruzione. Noi crediamo che scegliere di creare delle situazioni momentaneamente protette con una politica di accoglienza e di sostegno, grazie a scelte educative che privilegiano la relazione, sia molto meno dispendioso e più adatto ai bisogni dei giovani che dovrebbero far capo al Cecm. In alternativa allo stesso, implementando il numero di educatori specializzati, di foyer o comunità di tipo terapeutico ed educativo, sarà favorito un recupero più rispettoso del loro divenire. Infine, è utile ricordare che diversi Cantoni svizzeri tedeschi e francesi, con l’intenzione di realizzare centri chiusi simili, vi hanno rinunciato per motivi simili a quelli da noi elencati.