L’allora municipale Magrini ricorda l’occupazione del macello di Locarno e offre qualche spunto al Municipio luganese
La situazione dell’autogestione di Lugano, creatasi lo scorso anno con lo sgombero e che continua tuttora, mi riporta inevitabilmente al 2004 quando, da pochi mesi eletta municipale a Locarno quale capodicastero sociale-giovani-integrazione, ho dovuto confrontarmi con l’occupazione dell’ex macello locarnese.
Per ben trent’anni, dai tempi del Cantiere della Gioventù, ho seguito l’iter di una richiesta di spazio per l’autogestione a Locarno. I giovani avevano elaborato e presentato al Municipio un documento con un progetto ben strutturato nel quale chiedevano nel 2003, per l’ennesima volta, di poter usufruire dello spazio da anni semi-abbandonato dell’ex macello cittadino. Erano poi state fatte varie promesse pre-elettorali nella primavera del 2004, prima che io diventassi municipale. Purtroppo il nuovo Municipio eletto ad aprile non ha voluto concedere lo spazio e di conseguenza a fine giugno 2004 gli autogestiti hanno occupato l’ex macello e il Municipio non ha accettato questa occupazione abusiva di suolo pubblico. Ho affrontato la situazione con parecchia sofferenza, non riuscendo a raggiungere una maggioranza, in seno all’esecutivo di cui facevo parte, in grado di comprendere e accogliere le motivazioni che avevano portato all’occupazione. Si è così creato un muro contro muro: da una parte la volontà di ripristino della legalità, anche con modalità discutibili, dall’altra la richiesta di quello spazio promesso in campagna elettorale e poi non concesso.
Condividevo le rivendicazioni dei promotori di un’autogestione portata avanti per anni e con modalità del tutto pacifiche, e ho constatato pure, nel breve spazio dell’occupazione, come gli autogestiti hanno dimostrato senso di responsabilità e capacità gestionali non indifferenti, accollandosi pure un grande lavoro di riordino di spazi comunali lasciati per anni in stato di completo abbandono e degrado. Sono stati in grado di rendere questo spazio “vivibile” e accessibile a tutti. Gli autogestiti, nel breve tempo dell’occupazione, avevano promosso incontri con la popolazione, organizzato concerti, discussioni e momenti conviviali. Un mattino di agosto, purtroppo, dopo che agli autogestiti era stato dato un ultimatum e avevano perciò abbandonato gli spazi, è comunque intervenuta la Polizia cantonale in tenuta antisommossa su mandato municipale, mettendo così drasticamente fine all’esperienza dell’autogestione presso l’ex macello cittadino. Senza però silenziare il desiderio e la necessità di un’autogestione!
Proprio in quei giorni, in occasione di un viaggio a Berna con i rappresentanti municipali delle città svizzere, ebbi modo di incontrare e di parlare di autogestione con l’allora sindaco Giorgio Giudici, il quale aveva lunga esperienza con l’autogestione cittadina. Mi esortò a cercare di convincere il Municipio locarnese della bontà di un’autogestione a Locarno, una proposta che secondo lui era in grado di rispondere alle esigenze di parecchi giovani e meno giovani e che, seppur sembrando paradossale, risultava essere una buona soluzione per il bene di tutta la cittadinanza.
Mi preme pure sottolineare che gli spazi di un’autogestione permettono una presenza intergenerazionale e sono inclusivi, come lo sono ovunque queste realtà di cultura alternativa esistono. Così è sempre stato anche per l’autogestione a Lugano, dove nel corso degli anni migliaia di frequentatori, molinari e non, hanno potuto usufruire di momenti culturali quali concerti, teatri, dibattiti, conferenze, momenti conviviali e ricreativi.
Tornando alla realtà locarnese, riuscii a convincere il Municipio della bontà di un’autogestione in città e fu così accordato uno spazio in centro città presso le ex scuole comunali. Non certo uno spazio ideale, ma la disponibilità municipale stava almeno a significare il riconoscimento dell’autogestione. E non era certo cosa da poco! Anche le denunce ad autogestiti per l’occupazione abusiva furono annullate dal Municipio. Tutto questo sta a significare un dialogo fra le parti e un riconoscimento di realtà alternative nel rispetto reciproco.
Ritengo che occorra da parte di un esecutivo cittadino mostrarsi, non solo nelle parole ma anche nei fatti, sensibile e collaborativo nei confronti sia dei giovani, sia di minoranze o di gruppi alternativi. Occorre che i membri di un esecutivo sappiano operare non per contrapposizioni, ma con un atteggiamento che risponda anche alle esigenze di gruppi minoritari. Un Municipio deve saper stare all’ascolto anche di voci che possono non piacere, in un Paese che vuole essere democratico. Un abuso di potere non è mai una buona soluzione!
Mi risulta che fino al giorno dello sfratto, per anni e anni il Molino abbia saputo rispondere, sulla base di una convenzione stipulata fra Cantone, Municipio e Associazione Alba, in modo creativo e responsabile alle esigenze di molti giovani adulti che non si riconoscono in una politica culturale e/o giovanile ufficiale. Lugano, una città definita – con parametri valutativi a livello federale – a misura di anziani, forse ha perso ancora una volta un’occasione per diventare una città più aperta a proposte culturali e giovanili che in altre città svizzere vengono considerate modello di apertura e di attrazione culturale.
Spero e auspico che si riesca ad affrontare al meglio quanto sta vivendo questo importante polo ticinese e soprattutto mi auguro che l’attenzione e il sostegno non vengano a mancare. Tante sono le persone che, indignate dopo lo sgombero e l’abbattimento, si sono espresse a favore dell’autogestione attraverso una presenza massiccia alle manifestazioni, con riflessioni scritte, con testimonianze video o audio come il bellissimo lavoro a puntate di Olmo Cerri “Macerie”, che ripercorre la storia degli ultimi 25 anni. L’autogestione, e i molinari lo stanno dimostrando tuttora, non si conclude con uno sgombero o con l’abbattimento come forse pensano e credono taluni politici, anzi, è più probabile addirittura che il bisogno si rafforzi!
Nutro ancora, da ottimista nata, un barlume di speranza. Un municipale luganese liberale ha dimostrato apertura e volontà di ascolto, ma il tentativo di un dialogo è stato stroncato dall’intervento della polizia: il sindaco ha deciso diversamente da quanto inizialmente promesso. Purtroppo in questo delicato momento invece di favorire e promuovere la ricerca di una soluzione il Municipio sembra voler comunicare piuttosto attraverso un braccio di ferro! Si può dunque ancora realisticamente sperare in un dialogo fra le parti? Un dialogo sarà possibile soltanto se il Municipio vorrà accettare l’idea di un’effettiva realizzazione dell’autogestione in zona urbana. Qui sta il vero problema e su questo argomento mi sembra che i maggiori segnali debbano arrivare dalle autorità.
Un dialogo sincero e trasparente fra le parti, questo è il mio auspicio per il Nuovo Anno.