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Borradori e la sua intima segretezza

Quanto credo di aver capito del politico ma soprattutto dell’uomo poco conosciuto

Una persona ben più complessa di quanto l’attuale e un po’ stolida narrazione ci presenta (Ti-Press)
15 agosto 2021
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Non ci si attendano valutazioni da parte mia sul valore di Marco Borradori come pubblico amministratore; ne ho date per anni e, a quei pochi cui interessa, il mio parere è noto e non merita di essere ripetuto dopo la sua scomparsa, inopinata e tragica. A differenza del novanta per cento dei luganesi (così pare, almeno in questi giorni), non ero “amico” del defunto sindaco; neppure nel senso, avvilente e superficiale, che oggi si usa dare a questo termine, applicandolo a tutti coloro con i quali si sono bevuti più di quattro spritz al bar e ai quali si dà del tu; io sono di quelli che danno al termine un significato insieme alto e profondo, quindi contabile se va bene sulle dita della mano di un falegname maldestro.

Vorrei però condividere un paio di riflessioni a margine, e un po’ a controcanto, del profluvio di esternazioni di questi giorni. Sensazioni da esterno, ma da osservatore non disattento.

In primo luogo, la qualità rara, direi unica, del suo rapporto con la cittadinanza, e la percezione che questa aveva della figura del suo sindaco: Borradori non fu una sorta di nuova declinazione e concretizzazione della fenomenologia di Mike Bongiorno (come di certo avviene per la popolarità di molti alfieri della destra locale, a partire dal “subentrante” e dal figlio della buonanima), ma il suo rapporto con la gente aveva una qualità diversa, di un livello ben superiore. Borradori godeva infatti di un affettuoso prestigio, beneficiava di una diffusa convinzione che riunisse in sé pregi obiettivi di politico e di gestore della cosa pubblica e capacità empatiche, di domestica e amichevole quotidianità. Non uno come noi che ce l’ha fatta (o addirittura uno che possiamo un po’ guardare con superiore e autoassolutoria condiscendenza), ma un uomo di pregio e di competenze che era però accanto a noi, sollecito e presente, con intelligente semplicità e senza arroganza.

Poi quanto la sua dimensione, smaccatamente e platealmente pubblica, nascondesse una sua intima segretezza. Non mi riferisco solo alla sua questione famigliare, che per molti è giunta come una grande sorpresa, a conferma di quanto Borradori fosse in grado di coltivare un suo giardino segreto pur essendo ogni giorno fisicamente e metaforicamente in piazza. Penso a qualcosa che me lo rende assai vicino, non solo nella concretezza e quotidianità della pratica, ma anche in quelle che intuisco esserne le ragioni profonde. Parlo della passione per la corsa solitaria, per una certa mistica dello sforzo e per la volontà di trovarvi uno spazio di silenzio monologante. Accanto a questo, a dare complessità e profondità a questa storia di uomo, l’ansia di essere nel mondo, con gli altri, coltivando una quasi ossessiva e onnivora pluralità di contatti, per lo più di minima profondità, quasi puramente fatici; come se fosse necessario far tacere qualche cosa nel rumore assordante del mondo esterno, superare un senso di intima e pervasiva solitudine con cui non era sempre facile fare i conti. Le circostanze della sua morte sono in qualche modo tragicamente allusive, quasi metaforiche, del suo percorso, contraddittorio ma per questo molto umano.

Infine, quel suo modo di essere un uomo ideale per cieli azzurri, e quasi disarmato di fronte alla negatività. Borradori è stato un uomo molto fortunato, per la vita che la sorte gli ha dato modo di vivere; nessun destino cinico e baro da maledire, nessuna difficoltà vera sul suo cammino, almeno fino al trionfale approdo alla guida della sua città. Un percorso sorridente che qui ha dovuto fare i conti, in sostanza perdendoli, con le difficoltà della gestione cittadina, in un contesto che univa il crollo di tutta una serie di certezze decennali con l’incapacità generale (non solo sua, intendiamoci) di trovare soluzioni, alternative, di creare un futuro a misura delle nuove circostanze. Una situazione di scacco, di aporia, che ha tentato di superare, di esorcizzare, con i metodi di sempre (il sorriso, la positività, l’ottimismo anche un po’ irragionevole), pur sapendo che essi non erano che armi spuntate, inadatte. Al di là dei problemi concreti, la mia sensazione è che abbia percepito questa situazione come una sorta di insulto, di offesa, a una sua concezione della vita e delle cose che per decenni aveva superato brillantemente le prove della quotidianità.

Una persona ben più complessa, e quindi ben più interessante, di quanto l’attuale e un po’ stolida narrazione ci presenta. Un uomo con una personalità carsica, stratificata, complessa, in un involucro di cortesia un po’ zuccherosa che era forse lo schermo e lo scudo, a nascondere e a tutelare una dimensione privata che oso (consentitemi: fraternamente) pensare abitata da qualche intimo rovello.

 

Questo contenuto è stato pubblicato grazie alla collaborazione con il blog naufraghi.ch