Un leghista della prima ora racconta il suo rapporto con il sindaco Borradori. Un modo affettuoso per ricordare anche gli albori dell'avventura leghista in Ticino
Quando ho conosciuto Marco Borradori, il movimento di Giuliano Bignasca era nelle fasi iniziali di realizzazione. Nessuno immaginava allora gli sviluppi che ne sarebbero seguiti. Marco l'ho conosciuto – con il fratello Mario e il papà Elio, non estraneo al suo primo grande successo – ai primi incontri, e la simpatia reciproca fu immediata. Ricordo che quando ci trovammo per definire le liste della prima corsa al Consiglio Nazionale, assistemmo a un virulento alterco tra il Nano e un altro candidato che gli voleva imporre il modo di agire. Fu allora che Marco, sbigottito, mi consegnò il suo formulario di accettazione della candidatura unitamente a quello di suo fratello, ma asserendo che prima di confermare la sua disponibilità voleva rifletterci ancora un paio di giorni. Poi, alla domenica, vide anche lui il suo nome pubblicato sul Mattino: era candidato ufficiale al Nazionale.
Da lì partì la sua ascesa politica. Seguirono periodi alquanto incerti: tra gli altri, ricordo il tentativo di Flavio Maspoli di staccarsi dal Nano e fondare un proprio domenicale. Da qualche parte dovrei avere ancora ancora il numero "zero" de l'Altra Domenica ,che però non vide mai la luce. Tutto poi rientrò, ma Marco non prese mai parte ai dissidi. Sapeva che era il prezzo da pagare nel confronto tra caratteri forti. Lo incontrai dopo la sua elezione al Nazionale a Minusio, quando con lui e Maspoli venne eletto anche Giorgio Morniroli a senatore. L'esito fu talmente inatteso e sorprendente che tutti avevamo le lacrime agli occhi.
I ruoli differenti occupati in seno alla Lega dei Ticinesi non furono forieri di frequentazioni assidue tra di noi, ma l'amicizia e la stima non vennero mai meno. Quando fui eletto quale Municipale nell'allora Comune di Montagnola ricevetti la sera stessa un suo telegramma di felicitazioni. Negli ultimi anni, quando dovevo necessariamente sollecitarlo per le necessità di qualche cittadino o comune, mi riceveva a Palazzo entro un paio di giorni. Ma molte volte usciva lui di persona per recarsi presso i richiedenti che avevano problemi seri. Risolse in poche settimane, con i suoi collaboratori, l'annosa vicenda della Romantica di Melide e della tenuta Coray di Muzzano, con esiti insperati.
Da lui – diverso da me quanto ad attitudine – ho imparato che la miglior rivalsa, anche in politica, era il perdono e che se non sei leale con te stesso non lo puoi essere con il prossimo. E Marco leale lo era, mentre alti furono sempre il suo impegno e dedizione alle cariche. Il cuore invece lo ha dato tutto per intero l'11 agosto, proprio nei giorni in cui dal cielo cadono le stelle di San Lorenzo. Purtroppo d'ora in poi nulla sarà più come prima, nemmeno per la Lega che in pochi anni ha perso gran parte dei suoi uomini migliori.
Riposa in pace, amico mio.