Sindaco di Biasca per 34 anni e granconsigliere: "Fu tra i deputati più carismatici e influenti del parlamento"
Sono già passati venticinque anni da quel 17 maggio del 1996, da quando ci ha lasciato Alfredo Giovannini. Nei giorni precedenti il suo ultimo ricovero, non mancò di presenziare incuriosito ai comizi per le elezioni comunali dei liberali biaschesi, nei quali ebbe modo di valutare con simpatia le prestazioni dei giovani che formavano la lista per l’Esecutivo. Sapeva che, comunque sarebbero andate le cose, con quell’elezione a Biasca si sarebbe chiusa un’epoca da lui incarnata e prolungata di quattro anni con il rientro e l’elezione a sindaco del consigliere nazionale Massimo Pini.
Per chi ha meno di quarant’anni o non lo ha conosciuto, ricordo che Giovannini nacque nel 1925 dal padre Piero, attinente di Sala Capriasca, e dalla mamma Erica, nata Monighetti, patrizia biaschese. Dopo il Liceo cantonale a Lugano e gli studi di diritto a Losanna esercitò a Biasca la professione di avvocato e notaio. Fu eletto sindaco di Biasca nel 1958 sulla lista liberale radicale dopo la prematura scomparsa di Aleardo Pini, consigliere nazionale e presidente del Plr svizzero. Un’eredità politica pesante che lo portò a dirigere il Municipio per ben trentaquattro anni, fino al 1992. Nel 1951 era entrato in Gran Consiglio quale deputato liberale della Riviera; vi restò fino al 1993 e fu tra i deputati più carismatici e influenti del parlamento cantonale, da lui presieduto nel 1985.
Alfredo Giovannini era un politico di razza. Poteva contare su di una solida cultura giuridica, storica e letteraria. Ma della vita politica adorava anche i contatti umani, gli incontri conviviali e gastronomici e le accese discussioni su qualsiasi tema ne valesse la pena. Coltivava un vivo interesse per la realtà biaschese e la sua gente e nel contempo coltivava una vera e propria passione per la storia, la politica e la cultura francese. Una francofilia diffusa nei politici ticinesi della sua generazione, ma da lui vissuta con rara intensità. Leggeva quotidianamente Le Monde. Si recava regolarmente a Parigi, il suo secondo amore, dove intratteneva durature amicizie con alcuni emigranti ticinesi di fede liberale. Nelle sue "flâneries" parigine respirava in ogni quartiere e a ogni angolo di strada un profumo di storia o di costume francese, che conosceva molto bene.
Ci piace immaginare che in questo mese di maggio Giovannini avrebbe ricordato con qualche scritto i quarant’anni dalla storica elezione di Mitterand a presidente della Repubblica francese, ma soprattutto il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte. Si sarebbe probabilmente rammaricato delle troppo timide commemorazioni di quest’ultimo in patria e nelle terre che pur qualcosa gli devono, anche a causa degli attacchi velenosi di una “cancel culture” strisciante. Che con la cultura - credo ci avrebbe detto - ha poco a che fare. Noi invece ricordiamo lui, Alfredo Giovannini, con molto piacere e un po’ di nostalgia.