Il dibattito

Ma perché il Consiglio federale ce l'ha con le Pmi e gli indipendenti?

Le argomentazioni del governo federale sono a dir poco sconvolgenti

(Ti-Press)

Due notizie di questi giorni. La prima: in queste settimane le competenti Commissioni del Consiglio nazionale, rispettivamente del Consiglio degli Stati, si sono accordate per degli aiuti sotto forma di pigioni ad una categoria: quella delle PMI in particolare negozi, ristoratori, ecc. e degli indipendenti che non sono stati, fino a questo momento, (ed è un dato oggettivo!) aiutati adeguatamente. Certo, i dipendenti di queste aziende hanno beneficiato delle indennità per lavoro ridotto; tuttavia alcun aiuto concreto è stato elargito per compensare le spese fisse, ingenti, durante la chiusura forzata, non solo a seguito di decisione delle Autorità, ma anche per evidenti ragioni economiche, e gli aiuti ai titolari di queste aziende sono stati comunque minimi. Il compromesso raggiunto dalle due Commissioni rappresenta quindi un passo nella giusta direzione nella misura in cui le aziende che hanno dovuto sospendere il lavoro causa del coronavirus dovrebbero pagare solo il 40% della pigione per tutto il periodo in cui è stata ordinata loro la chiusura; per chi ha dovuto subire 'solo' una riduzione dell'attività, questa soluzione, che si applica agli affitti che non superano i 20’000 Fr., varrebbe per due mesi al massimo. Non è molto, ma è molto meglio di niente. E niente è quello che si ostina, non si comprende per quale ragione, a portare avanti il Consiglio federale. Vi è da temere che vi sia una particolare ostilità verso questa categoria economica dopo che sono stati erogati, a fondo perso, milioni e milioni sotto forma di indennità per lavoro ridotto.

Difficile attuabilità?

Le argomentazioni del Consiglio federale sono a dir poco sconvolgenti. In effetti si parla di 'difficile attuabilità', senza specificarne le ragioni: perché non ve ne sono. Si legge anche di un'inadeguata intromissione nei rapporti di diritto privato tra locatari ed inquilini. Anche tale concetto ha tanto il sapore di un argomento pretestuoso nella misura in cui anche il lavoro ridotto, e le relative indennità, costituiscono l’intromissione in quello che è un rapporto di diritto privato, vale a dire il contratto di lavoro tra dipendenti e datore di lavoro. Pertanto, le ragioni di questo ostinato rifiuto, che considero anche offensivo, non trovano alcuna motivazione oggettiva.

Confidiamo ora che il Parlamento possa dare questo piccolo segnale di aiuto concreto. Ciliegina sulla torta: il Consiglio federale non esclude di mettere in atto aiuti in un periodo successivo, rilevando che, comunque, le attività hanno ripreso dopo la riapertura graduale. Mi chiedo allora, ma quando mai il Governo federale vorrà aiutare queste aziende che hanno accumulato dei debiti, evidenti, durante la chiusura? Ma hanno capito questi Signori che non è perché uno lavora ora, magari comunque male, raggiunga guadagni tali da rientrare dagli ingenti debiti accumulati?

Decisione arbitraria


Seconda notizia, freschissima e che conferma la scarsa generosità, per usare un eufemismo, del Consiglio federale nei confronti di PMI ed indipendenti. Il Consiglio federale ha in effetti deciso che dal 1° giugno non potranno più beneficiare dell’indennità per lavoro ridotto le persone con funzione analoga a quella del datore di lavoro, vale a dire dirigenti con poteri decisionali iscritti a Registro di commercio ed i loro coniugi o partner registrati; neppure gli apprendisti avranno più diritto alle indennità. Di nuovo una decisione arbitraria siccome non supportata da un’analisi economica rigorosa circa una presunta ripresa che non vi ancora stata; tant’è che il lavoro ridotto è stato generalmente riconosciuto sino a settembre 2020 per la stragrande maggioranza dei lavoratori. Di nuovo una violazione del principio di parità di trattamento sancito dalla Costituzione federale.