La Svizzera conta 9 milioni di abitanti. Secondo gli scenari demografici, avremmo dovuto arrivare a questa fatidica cifra solo nel 2060. Non possiamo però sorprenderci che questo numero sia stato raggiunto con 37 anni d’anticipo. Annualmente, nel nostro Paese si stabiliscono, in media, 80’000 persone. Senza calcolare le decine di migliaia di richiedenti asilo. Nel primo semestre di quest’anno, la popolazione è nuovamente aumentata di altre 50’000 persone. Una nuova città di Bellinzona. Nel secolo scorso, la Svizzera sceglieva chi poteva immigrare e chi non ne aveva diritto, tramite il sistema dei contingenti, dei tetti massimi e della preferenza indigena, quella clausola che favorisce i lavoratori residenti. Queste centinaia di migliaia di persone necessitano logicamente di un alloggio, di elettricità, di scuole, di trasporti, di servizi pubblici e sanitari. In molti cantoni è impossibile trovare un appartamento, men che meno a un prezzo accessibile, e passiamo annualmente 40'000 ore in coda sulle strade. L’immigrazione è come l’acqua, se gestita può portare benessere, se incontrollata crea solo dei danni. Il Consiglio federale stimava un afflusso di 8’000 persone all’anno quando sosteneva l’utilità della libera circolazione delle persone. Una previsione totalmente sbagliata, pari a quella della consigliera federale Leuthard quando sosteneva che la strategia energetica sarebbe costata solo 40 franchi e che l’approvvigionamento del Paese sarebbe stato sempre garantito e finanziariamente sostenibile. Vi invito dare un’occhiata alle bollette dell’elettricità. I fatti smentiscono queste promesse. Noi ticinesi siamo i primi colpiti da un sistema alle corde. Subiamo anche l’esplosione del frontalierato nel settore terziario. Proprio quello che garantiva buoni salari e posti di lavoro al ceto medio. Si sta sgretolando il nostro benessere anche perché, secondo gli studi, solo il 10% dei lavoratori che immigrano è personale altamente qualificato e, più in generale, noi sappiamo che frontalieri chiamano sempre nuovi frontalieri. Non scegliamo dunque la nostra immigrazione, puntando sulle competenze, come fanno altri Paesi, la subiamo. Prevedibilmente, siamo entrati in un circolo vizioso da cui difficilmente riusciremo a uscirne. E ci incamminiamo verso una Svizzera da 10 milioni di persone. La soluzione c’è, basti pensare all’articolo costituzionale che impone il ritorno alla gestione dell’immigrazione, un articolo voluto dal popolo svizzero ma mai applicato vista la resistenza parlamentare di tutti i partiti. Alla stessa stregua di quello per espulsione dei criminali stranieri. Servono politici coraggiosi e determinati per rimettere sui giusti binari una Svizzera che sta deragliando in molti ambiti. Penso al caos nel settore dell’asilo, dove si spendono 4 miliardi di franchi all’anno, più di quanto si investe nella nostra agricoltura, all’approvvigionamento energetico del Paese e alla nostra neutralità. Ma questa è un’altra questione, ed è strettamente legata alle elezioni e alle scelte, anche dei ticinesi, su chi vorranno alle camere federali.