Dib. Elettorale

Conciliare vita professionale e cura dei figli

13 febbraio 2019
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Quando si parla di conciliabilità tra impegni familiari e lavorativi si tende a pensare che la questione riguardi il mondo femminile. D’altronde siamo stati abituati ad una società in cui i compiti tra mamma e papà erano divisi, per così dire, in modo verticale: alla mamma il compito accudire i figli e curare la casa, al papà il compito di lavorare e generare reddito. Poi le mamme hanno iniziato ad avere un’attività lavorativa retribuita e ulteriore rispetto a quella domestica e si è per loro posto il problema di trovare il tempo per conciliare i compiti domestici con quelli lavorativi. Tuttavia a questo modello di divisione dei compiti se ne è aggiunto un altro in cui mamme e papà sempre più spesso condividono i compiti di accudimento dei figli e produzione del reddito. Osservando i genitori oggi è usuale vedere papà che portano i figli a scuola, al parco, dal pediatra, che chiedono permessi al lavoro per malattie dei figli, che li accompagnano alle attività sportive, che partecipano alle riunioni di classe e ai colloqui con i professori. Allo stesso tempo è sempre più usuale trovare mamme che proseguono la loro attività lavorativa anche dopo la nascita dei figli. Pensare ancora oggi, dunque, al diritto di conciliare l’attività professionale con il tempo dedicato alla famiglia come ad una questione femminile è riduttivo e non tiene conto di un modello di genitorialità diverso e sempre più diffuso. Ecco dunque che il congedo paternità, la presenza di asili nido a costi accessibili, la diffusione capillare delle mense scolastiche nelle scuole dell’obbligo, una revisione degli orari di accesso alle scuole dell’infanzia, la possibilità di detrarre integralmente i costi per il personale che aiuti nella cura dei figli e della casa, diventano temi della famiglia così come si sta modernamente delineando. Rispetto a queste esigenze i tempi di reazione della normativa sono piuttosto lenti, anche comprensibilmente, pensando allo sforzo che l’adeguamento dei servizi sociali richiede. Tuttavia le misure sopra descritte in una società che cambia sono un investimento capace di liberare risorse umane ed economiche importanti. Le statistiche ci dicono infatti che ad un tasso di occupazione maggiore delle donne corrisponde un maggiore tasso di natalità e che l’aumento della percentuale delle donne occupate genera un aumento del Pil nazionale. Inoltre, tra le principali cause di povertà insorta, anche tra coloro che hanno un’occupazione, vi è proprio la fine dell’unione coniugale, dove l’unico reddito generato deve soddisfare non più i bisogni di uno bensì di due nuclei familiari. Sono convinta che le politiche a sostegno della conciliabilità debbano essere prioritarie nella politica cantonale dei prossimi anni, per aumentare la nostra qualità di vita e per consentire uno sviluppo economico a misura di famiglia.