L'ambasciatore svizzero, che rappresenta gli interessi degli Stati Uniti in Iran, è stato convocato al ministero degli Esteri iraniano in seguito alle minacce del presidente degli Stati Uniti Donald Trump contro la repubblica islamica.
Lo ha riferito l'agenzia di stampa semi-ufficiale Tasnim, che è controllata dai pasdaran, i Guardiani della rivoluzione. "La Svizzera non commenta le attività nell'ambito del mandato di potenza protettrice tra Stati Uniti e Iran", ha indicato da parte sua la portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), Elisa Raggi, su richiesta di Keystone-ATS.
"A seguito delle continue atrocità commesse da Israele in Medio Oriente e delle minacce di Trump (contro l'Iran), l'ambasciatore svizzero a Teheran è stato convocato questa mattina al ministero degli Esteri iraniano in qualità di rappresentante degli interessi degli Stati Uniti", si legge nella nota.
Il giorno precedente Trump, in un'intervista alla NBC News, aveva minacciato di lanciare "attacchi senza precedenti" contro l'Iran se Teheran e Washington non avessero raggiunto un accordo sul programma nucleare iraniano.
Questa è stata la reazione di Trump alla dichiarazione del presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che ha escluso negoziati diretti con Washington ma ha lasciato aperta l'opzione di negoziare tramite mediatori.
Secondo quanto riportato, l'ambasciatore svizzero avrebbe ricevuto una nota ufficiale in cui si avvertiva che l'Iran è determinato a rispondere con fermezza e immediatamente a qualsiasi minaccia esterna, proveniente sia dagli Stati Uniti sia da Israele. Il diplomatico, a sua volta, si è impegnato a inoltrare immediatamente la nota al governo degli Stati Uniti.
Il 7 marzo Trump ha annunciato di aver inviato una lettera alla guida suprema dell'Iran, esprimendo la sua intenzione di raggiungere un accordo con Teheran in merito al programma nucleare iraniano. Allo stesso tempo, ha osservato che Washington sta valutando due opzioni per una possibile soluzione alla questione nucleare iraniana: militare e diplomatica, indicando che dà priorità ai negoziati.
Nel 2015, l'Iran e sei mediatori internazionali (Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Francia e Germania) hanno firmato il Piano d'azione congiunto globale (Jcpoa), che ha imposto una serie di limitazioni al programma nucleare iraniano, con l'obiettivo di escluderne la potenziale dimensione militare, in cambio della revoca delle sanzioni internazionali. Nel maggio 2018, durante la precedente presidenza di Trump, Washington ha violato l'accordo e ha iniziato a imporre sanzioni unilaterali all'Iran, sostenendo che il Paese stava continuando a sviluppare armi nucleari, un'affermazione che non è mai stata confermata.
Un anno dopo, Teheran ha risposto eliminando gradualmente i suoi impegni assunti nell'ambito del Jcpoa, rinunciando, in particolare, alle limitazioni alla ricerca nucleare e al livello di arricchimento dell'uranio. Nell'aprile 2021, le parti dell'accordo, insieme agli Stati Uniti, hanno avviato i negoziati a Vienna per ristabilire il patto nucleare, ma nel marzo 2022 le consultazioni si sono bloccate e da allora non sono più riprese.