L'ex presidente rischia l'incriminazione per tentato golpe e l'esclusione dalle presidenziali 2026
Il futuro politico del leader conservatore brasiliano Jair Bolsonaro è in larga parte appeso alla decisione della Corte suprema. Nonostante il pressing al Congresso, dove l'ex presidente spera di far approvare la legge sull'amnistia per gli attacchi dei bolsonaristi dell'8 gennaio 2023 ai Palazzi della democrazia a Brasilia, è la prima sezione del tribunale che deciderà sul suo futuro. Un dibattito a cui l'ex capo di Stato ha assistito, a sorpresa, seduto in prima fila.
Se i giudici decideranno di rinviarlo a giudizio per tentato golpe - come emerge da quasi tutti i pronostici - Bolsonaro potrà dire definitivamente addio alle presidenziali del 2026 (per le quali è già stato dichiarato ineleggibile) e dovrà probabilmente concentrarsi sulla difesa per allontanare il rischio di una pesante condanna.
Secondo il procuratore generale Paulo Gonet, che l'ha denunciato, l'ex presidente guidò un'organizzazione criminale volta a "generare azioni che garantissero la sua continuità al potere, indipendentemente dall'esito delle elezioni del 2022" vinte dal progressista Luiz Inácio Lula da Silva. A dargli man forte fu soprattutto l'allora candidato alla vicepresidenza ed ex ministro della difesa Walter Souza Braga Netto, che come Bolsonaro e gli altri sei denunciati rischia l'incriminazione.
"Tutti - secondo Gonet - hanno accettato, incoraggiato e compiuto atti che il diritto penale definisce come un attacco all'esistenza e all'indipendenza dei poteri e allo Stato di diritto democratico". Reati che "costituiscono una catena di eventi affinché, con la forza o la minaccia, Bolsonaro non lasciasse il potere o vi ritornasse".
Il complotto golpista dell'ex presidente non si è concretizzato per la "resistenza dei comandi dell'esercito e dell'aeronautica", ha sintetizzato in uno dei punti del suo intervento il giudice relatore Alexandre de Moraes, mentre Bolsonaro non lo perdeva di vista.
"Non sono preoccupato per ciò di cui sono accusato", aveva detto il leader di estrema destra poco prima in un'intervista. Il suo avvocato, Celso Sanchez Vilardi, ha evidenziato che è l'ex presidente "più indagato nella storia del Brasile, e su di lui non è stato trovato assolutamente nulla: comprendo la gravità di tutto ciò che è accaduto, ma non è possibile volerlo incolpare o farlo passare per il capo di un'organizzazione criminale quando non ha preso parte" all'attacco dell'8 gennaio 2023 a Brasilia. Ma "al contrario, lo ha ripudiato".
I giudici hanno tempo fino a domani per la decisione. Tra gli altri denunciati figurano gli ex ministri Augusto Heleno (sicurezza istituzionale), Paulo Sérgio Nogueira (difesa) e Anderson Torres (giustizia).