regno unito

Approvata la legge sul Piano Ruanda, Sunak si salva

Il premier doma la ribellione dell'ala destra Tory. Il Labour: è una farsa

Rishi Sunak può tornare a sorridere
(Keystone)
17 gennaio 2024
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Salvataggio in extremis per Rishi Sunak e la sua leadership alla Camera dei Comuni, dove il governo conservatore britannico - nonostante la ribellione di alcuni esponenti della destra Tory - ha superato il voto decisivo sulla cruciale legge attuativa del cosiddetto piano Ruanda bis per il controverso trasferimento nel Paese africano di quote di richiedenti asilo sbarcati illegalmente nel Regno Unito. Il provvedimento, centrale nella linea dura sul controllo dei confini adottata dal premier nel tentativo di risalire la china dei disastrosi sondaggi attuali in vista delle elezioni politiche in calendario entro l'anno, è stato approvato con 320 voti a favore e 276 contrari, e ora resta solo il passaggio di rito alla Camera dei Lord.

Dietrofront

Sunak è riuscito a domare la rivolta interna arrivata a comprendere ieri sera 60 deputati della maggioranza che avevano sostenuto due emendamenti per rendere il testo ancor più draconiano a costo di sganciare la Gran Bretagna da alcuni dei vincoli previsti dalla sua adesione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Modifiche al provvedimento sono state chieste con forza pure nel dibattito odierno in Parlamento da figure di spicco del partito, come l'ex ministra dell'Interno e falco anti-immigrazione Suella Braverman. "Questa è l'ultima chance per far funzionare il disegno di legge", ha affermato Braverman, strenua sostenitrice del trasferimento dei richiedenti asilo in Africa. Inoltre fra i frondisti si erano fatti avanti anche i due vicepresidenti dei conservatori, Lee Anderson e Brendan Clarke-Smith, disposti perfino a dimettersi dal loro incarico pur di votare in favore degli emendamenti.

Intervento di Johnson

Non è mancato poi tramite i social un intervento dell'ex premier Boris Johnson che nonostante l'uscita forzata dalla politica ha voluto offrire il suo sostegno ai ribelli. Ma alla resa dei conti di questa sera solo pochi deputati Tory, 11 irriducibili, hanno votato contro il provvedimento ed è stata evitata una bocciatura dalle conseguenze catastrofiche per il governo Sunak, anche grazie ad alcune concessioni parziali dell'esecutivo rispetto agli emendamenti rafforzativi proposti dalla destra interna per cercare di limitare il potere d'intervento della giustizia internazionale, in barba alle proteste arrivate dall'Onu. Secondo le stime della Bbc sarebbero bastati trenta ‘no’ del partito di maggioranza, sommati a quelli delle opposizioni, per affondare il piano Ruanda.

Istinto di sopravvivenza

Un certo istinto di sopravvivenza ha prevalso fra le file di una compagine già fortemente lacerata dalle divisioni interne, emerse fra l'altro anche in questa occasione tra un'ala più moderata, contraria a interventi ulteriormente restrittivi in una legge già di per sé criticatissima. E e l'ultradestra che ha invece continuato a insistere sulla necessità di scoraggiare ancora di più la presentazione delle richieste d'asilo. Nonostante il via libera alla legge non solo ora si dovrà vedere la sua attuazione pratica, che passa attraverso la partenza del primo aereo con a bordo i migranti per il Ruanda, ma allo stesso tempo restano le debolezze in seno all'esecutivo Tory. Debolezze messe in rilievo dal leader dell'opposizione laburista Keir Starmer durante il Question Time ai Comuni. Ha definito "una farsa" il controverso piano, concentrandosi non sulle ricadute morali dell'iniziativa avversata dalle ong in difesa dei diritti umani, bensì sui costi già sostenuti dal governo senza aver trasferito un solo richiedente asilo. In merito, da Davos è intervenuto anche il presidente del Ruanda, Paul Kagame, offrendo la sua disponibilità a restituire i soldi pagati dal Regno al Paese africano qualora il piano non si traducesse in realtà. Ma Starmer ha puntato il dito anche contro Sunak per i 4.250 richiedenti asilo di cui il ministero dell'Interno ha perso le tracce, sottolineando che rappresentano l'85% di quelli destinati a essere portati in Africa, e per l'incapacità del premier nel mantenere un certo controllo sul suo partito.