Italia

Archiviata l'inchiesta sui fondi russi del caso Metropol

Salvini: ‘Attendiamo le scuse'. Il Gip: ‘L'obiettivo era finanziare la Lega’

Matteo Salvini
(Keystone)

I russi coinvolti nell'accordo non sono stati identificati, i fondi del tentativo di finanziamento illecito alla Lega non sono mai arrivati. Finisce dunque con un'archiviazione l'inchiesta sul caso dell'hotel Metropol che aveva coinvolto il presidente dell'associazione LombardiaRussia Gianluca Savoini, l'avvocato Gianluca Meranda e l'ex bancario Francesco Vannucci. Per il gip di Milano Stefania Donadeo, in accoglimento della richiesta della Procura, è accertato che i "termini dell'accordo" fossero stati "definiti nel corso della trattativa", con contatti e incontri tra giugno e ottobre 2018, ma non è stato possibile "identificare con precisione i soggetti russi" pubblici ufficiali. Elemento che fa cadere l'accusa di corruzione internazionale. E nemmeno si può contestare un tentato finanziamento illecito perché, nonostante "l'obiettivo finale" fosse "inequivocabilmente" far arrivare soldi alla Lega, non si è mai conclusa "non solo la fase finale di destinazione di una certa percentuale" al Carroccio, "ma neanche l'operazione principale di compravendita" di petrolio.

18 ottobre 2018

Il caso Metropol prende il nome dall'hotel di Mosca in cui i tre italiani, il 18 ottobre 2018, si incontrarono con tre presunti "mediatori" russi per discutere di una compravendita di petrolio che, stando a un audio, avrebbe dovuto avere lo scopo di alimentare con circa 65 milioni di dollari le casse della Lega. L'inchiesta scattò dopo gli articoli di due giornalisti e la pubblicazione di quella registrazione, effettuata da Meranda, su un sito americano. "Adesso aspettiamo le scuse di tanti, e prepariamo le querele per molti", ha commentato sui social Salvini, mai indagato in un fascicolo aperto quattro anni fa e passato per rogatorie in Russia rimaste senza risposta.

Già l'aggiunto De Pasquale e i pm Polizzi e Vassena nella richiesta di archiviazione avevano scritto che i tre "mediatori italiani legati alla Lega", tra cui Savoini, anche ex portavoce del leader leghista, si mossero per "concludere transazioni commerciali con fornitori russi di prodotti petroliferi con l'obiettivo di ricavare ingenti somme" da destinare al "finanziamento del partito". Ed è "verosimile", scrisse la Procura, che Salvini "fosse a conoscenza delle trattative" per "assicurare" quegli "importanti flussi finanziari". Anche se "non sono mai emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega abbia personalmente partecipato" o "fornito un contributo".

‘K’

Come i pm, anche il gip nel provvedimento riporta atti dell'inchiesta, tra cui "una conversazione" dell'11 luglio 2018 tra Vannucci e Meranda "in cui i due fanno riferimento anche a contatti diretti con Matteo Salvini". Il primo avrebbe detto "di aver saputo da Savoini che Matteo ufficialmente avrebbe incontrato il ministro degli Interni russo, ma che in realtà vi sarebbe stato un incontro anche con questo Konstantin", che potrebbe essere "Malofeev", uno dei "duecento oligarchi russi soggetti a misure restrittive". Savoini avrebbe riferito a Vannucci, come riassume il gip, che "l'interlocutore russo ‘K’ aveva chiesto i dettagli del ‘piacere’ che i russi avrebbero dovuto fare alla Lega in modo da quantificare l'operazione".

Risulta "evidente", spiega il giudice, che "Yakunin, Kharchenko e Dugin" – i primi due presenti al Metropol e il terzo politologo ultranazionalista vicino a Putin e padre di Darya, uccisa ad agosto – "abbiano negoziato, non meno di quanto abbia fatto anche la componente italiana della trattativa, per conto di altri soggetti, con i quali avrebbero dovuto condividere i proventi". Persone che, però, non è stato possibile identificare. E perché "possa ipotizzarsi il delitto di corruzione internazionale" risulta "necessario che il destinatario del denaro o di altra utilità eserciti, nello Stato estero, funzioni corrispondenti a quelle del pubblico ufficiale". L'unico che avrebbe avuto una "posizione sovraordinata a quelle dei negoziatori russi" è "tale Konstantin o ‘Kappa’". In prima battuta fu identificato "in Kosachev Konstantin Iosifovich, politico russo". Gli sviluppi delle indagini "rendevano assai più probabile l'ipotesi che si trattasse di Konstantin Valeryevich Malofeev, imprenditore". I pm hanno "tentato la strada della rogatoria", già prima "dell'inizio della guerra in Ucraina", per scoprire chi fossero quei "titolari di pubbliche funzioni a cui sarebbe stata destinata la parte del fondo eccedente a quella indirizzata alla Lega". Ma "ad oggi nessuna risposta è pervenuta" dalla Russia.

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