In occasione della festa per l’indipendenza del Paese, che ricorre domani, anche Cassis ribadisce il sostegno a Kiev
La vittoria, per l’Ucraina, passa dalla "riconquista" della Crimea. Alla vigilia della festa per l’indipendenza del Paese, che ricorre domani (peraltro nello stesso giorno in cui si contano sei mesi di guerra), il presidente Volodymyr Zelensky infrange il tabù del Cremlino, quel ritorno a casa della penisola annessa dalla Russia nel 2014 che Vladimir Putin considera come un assalto alla madrepatria. Uno scatto d’orgoglio, certo. Ma forse pure qualcosa di più, visti i recenti attacchi a basi e infrastrutture russe dislocate in Crimea.
Insomma, mentre a Mosca pezzi da novanta del regime di Putin sfilano al funerale di Darya Dugina promettendo "nessuna pietà", a Kiev va in scena il secondo summit della Piattaforma per la Crimea, iniziativa lanciata l’anno scorso da Zelensky per sensibilizzare la comunità internazionale a non abbandonare la penisola al suo destino di occupazione russa. Un anno fa, missione quasi impossibile. Oggi, invece, suona tutt’altra musica. Sul palco, seppure virtualmente, si sono alternati oltre 40 tra premier e capi di Stato, tra cui Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Justin Trudeau, Mario Draghi, i vertici dell’Unione e il presidente della Confederazione Ignazio Cassis, che ha ribadito il "sostegno incrollabile" della Svizzera in favore di una Crimea ucraina. La questione della penisola contesa è tra le più spinose e spesso è stata citata come il possibile punto di caduta che potrebbe portare Mosca al tavolo dei negoziati.
Il cancelliere tedesco Scholz e il presidente francese Macron sono stati però vaghi: hanno ribadito che Germania e Francia non riconoscono l’annessione della Crimea ma non si sono sbilanciati sul suo futuro. Un po’ come il segretario di Stato Usa Antony Blinken, secondo cui "la Crimea è Ucraina", e il leader turco Erdogan, per il quale "la restituzione della Crimea all’Ucraina, di cui è una parte inseparabile, è essenzialmente un requisito del diritto internazionale". Il presidente del Consiglio italiano uscente Draghi invece ha usato parole più nette, sostenendo che "la lotta per la Crimea fa parte della lotta per la liberazione dell’Ucraina".
E infatti la lotta va avanti. Zelensky ha giurato che se il Cremlino attaccherà proprio nel giorno dell’indipendenza il governo risponderà e sarà una risposta "potente". A Dnipro, nel mentre, le bombe già cadono e, stando al sindaco della città, sono state colpite aree residenziali. L’esercito ucraino dal canto suo mette a frutto gli armamenti ricevuti e per la prima volta avrebbe colpito il palazzo dell’amministrazione filorussa di Donetsk con "pesanti e precisi colpi d’artiglieria". Tre civili sarebbero rimasti uccisi. La tensione, dunque, se possibile sta salendo ancora di più.