Estero

Aria di crisi in Israele, Bennett perde la maggioranza

La destra di Benjamin Netanyahu scalda i motori spera di ritornare al governo del paese

L’attuale premier Naftali Bennett
(Keystone)

Tel Aviv - È aria di crisi in Israele. Il composito governo di Naftali Bennett perde la strettissima maggioranza (61 seggi su 120) alla Knesset e rischia di cadere.

Le dimissioni a sorpresa di Idit Silman - presidente della coalizione di maggioranza e deputata di ‘Yamina’, stesso partito di Bennett - hanno messo in fibrillazione l’intero schieramento politico, soprattutto la destra di Benjamin Netanyahu, che ora spera nel ribaltone per tornare al potere. Tuttavia Bennett ha mostrato fiducia e, dopo aver incontrato i leader della coalizione, ha detto che "tutti vogliono che questo governo" resti in carica.

Le dimissioni di Silman sembrano il classico pretesto. Tutto si è complicato quando la deputata (religiosa) ha chiesto al ministro della Sanità Nitzan Horowitz di impedire l‘ingresso negli ospedali pubblici, durante la Pasqua ebraica, di ogni prodotto lievitato (’hametz’), come prevedono le norme religiose. Ma Horowitz ha rinviato al mittente, citando la decisione della Corte Suprema che vieta alla sicurezza di ispezionare le borse dei visitatori dei nosocomi.

Immediata la reazione di Silman che ha preso carta e penna e ha annunciato le dimissioni parlando di una situazione contraria "ai nostri valori e sistemi che sono essenziali e puri". Un corto circuito che suona come una scusa, considerando che - hanno ricordato i media - la decisione della Corte Suprema era in vigore già dalla scorsa Pasqua ebraica, quando al potere c’era ancora Netanyahu.

Bennett si è messo subito al lavoro: non ha visto solo i leader della coalizione (destra, centro, sinistra e, per la prima volta, anche un partito arabo) ma anche i deputati della sua formazione, a partire dalla ‘numero due’, la ministra degli interni Ayelet Shaked. Il timore è che almeno altri due parlamentari condividano la scelta di Silman le cui dimissioni, secondo il premier, sono il frutto di un pressing: lei e la sua famiglia - ha detto Bennett - sono stati sottoposti "per mesi interi a pressioni al peggior livello" dai sostenitori di Netanyahu. Uno scenario in cui i retroscena dei media soffiano sul fuoco ipotizzando che la lettera di dimissioni sia partita dal computer di Bezalel Smotrich, deputato di un partito di destra estrema.

Gli analisti mettono intanto in guardia sui rischi di una eventuale crisi in momento complicato per Israele: dalla ripresa del terrorismo alla crisi in Ucraina al nuovo, temuto, accordo sul nucleare dell’Iran. Gli scenari tuttavia non sono tanti: il primo prevede una difficile navigazione a vista del governo con i soli 60 seggi attuali, fino all’approvazione del bilancio nel marzo 2023. Ma in questo caso si pone il problema del premier: lo stesso Bennett o il ministro degli esteri Yair Lapid come da accordi? Oppure un nuovo voto (il quinto in poco più di due anni) che piacerebbe soprattutto a Netanyahu.

Un sondaggio della tv Kan ha mostrato che il Likud avrebbe ora 35 seggi contro i 30 delle ultime elezioni. A meno che - hanno suggerito i media - il ministro della difesa Benny Gantz, lontano sia da Bennett sia da Lapid, non raccolga alla Knesset i 61 seggi necessari.