Il norvegese Jens Stoltenberg lascerà l’incarico poco dopo la scadenza del suo mandato. Via al ‘toto-nomi’
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg lascerà la carica pochi mesi dopo la scadenza naturale dell’attuale mandato – fine settembre – per assumere la dirigenza della Banca Centrale norvegese, tornando così a occuparsi di economia (che ha studiato all’università). L’addio di Stoltenberg, in carica dal 2014, apre la partita della successione alla guida dell’Alleanza, proprio nel bel mezzo della crisi con la Russia e il timore che Mosca possa invadere l’Ucraina (aspirante membro Nato).
Il segretario generale solitamente viene scelto pescando tra alte figure politiche dei Paesi membri della Nato, e tradizionalmente viene dall’Europa. La selezione avviene attraverso consultazioni diplomatiche informali tra gli alleati, che propongono i propri candidati: nessuna decisione è confermata fino a quando non si raggiunge il consenso. Il segretario resta in carica per quattro anni, estendibili di comune accordo.
Stoltenberg, economista di formazione ed ex leader del partito laburista, è stato primo ministro della Norvegia (2000-01 e 2005-13) prima di diventare capo della Nato l’anno successivo; è stato anche ministro delle Finanze e ministro dell’Energia.
Per quanto riguarda il toto-nomi, a Bruxelles il chiacchiericcio va avanti da mesi e sono spuntate già diverse opzioni. Londra vorrebbe riaffermare la propria centralità nell’Alleanza, soprattutto ora che, con la Brexit, è fuori dai giochi europei. Si è dunque parlato dell’ex ministro degli Esteri William Hague e dell’ex premier Theresa May. La Gran Bretagna però ha espresso nel tempo tre segretari generali e ora l’Alleanza conta ben 30 Paesi. Una possibilità dunque è quella di dar spazio al blocco orientale, il che lancerebbe al contempo un segnale alla Russia (nonché agli aspiranti membri). Non solo. C’è chi parla di ammodernare la Nato e dunque riservare il posto di vertice a una donna. Se dovesse passare questa linea, i nomi più quotati – stando a Politico – dovrebbero essere quelli di Kolinda Grabar-Kitarović (ex presidente della Croazia), Dalia Grybauskaitė (ex presidente della Lituania) e l’attuale presidente estone Kersti Kaljulaid. Anche l’Italia ha però alcune carte da giocare. Per ora ha espresso solo un segretario generale, Manlio Brosio (dal 1964 al 1971), e dopo la scomparsa di David Sassoli è priva di cariche di peso. La Francia, che vuole tenere fuori dalla porta i britannici, soprattutto dopo lo sgarbo di Aukus, potrebbe allearsi con Roma, anche per dare un segnale d’importanza al fronte Mediterraneo.
Non è nemmeno chiaro se si voglia chiudere in tempo per il summit di Madrid di fine giugno oppure licenziare la strategia 2030, e solo in seguito aprire la pratica successione.