Da un’analisi dell’organizzazione emerge anche che la pandemia ha ‘posto fine a dieci anni di miglioramenti’ per gli immigrati sul mercato del lavoro
L’anno 2020 ha visto un crollo inedito di almeno il 30% dei flussi migratori verso i Paesi dell’Ocse, dove la pandemia ha anche “posto fine a dieci anni di miglioramenti” per gli immigrati sul mercato del lavoro: è quanto emerge dalle Prospettive sulle migrazioni internazionali, il cosiddetto ‘International Migration Outlook’, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico internazionale (Ocse) con sede a Parigi. Con 3,7 milioni di persone che hanno raggiunto i suoi 25 Paesi membri, l’immigrazione ha toccato lo scorso anno il livello più basso mai registrato dal 2003.
Tutte le categorie di migrazione permanente hanno subìto un calo, anche se la migrazione familiare ha mostrato la flessione maggiore. Pesante riduzione dei flussi migratori umanitari, in particolare verso gli Stati Uniti e il Canada, mentre quelli per lavoro e per libera mobilità sono diminuiti rispettivamente di circa il 24% e il 17%. Le migrazioni temporanee per lavoro sono scese drasticamente, in media, del 58% e i trasferimenti intra-aziendali del 53%. Il numero di richiedenti asilo è calato del 31% a 830’000 nel 2020, la flessione più marcata dalla fine della crisi nei Balcani all’inizio degli anni 90. In Italia, ad esempio, la diminuzione è stata del 39,4%, in Germania del 28% e in Svizzera del 22,5%.
Complessivamente la Svizzera è il Paese con la minore contrazione dell’immigrazione. Essa è diminuita meno fortemente che in altri Paesi a causa della libera circolazione delle persone, che riguarda la parte maggiore dell’immigrazione nella Confederazione, ha spiegato l’esperto dell’Ocse Thomas Liebig presentando il rapporto. Gli effetti delle misure di contenimento del coronavirus hanno così avuto minor peso.
Facendo la media tra i contributi versati dagli immigrati e le spese pubbliche dello Stato, l’Ocse ritiene che il “loro impatto sul bilancio” vada in pari e può anche essere positivo. “In tutti i Paesi, il contributo degli immigrati sotto forma di tasse e contributi è superiore alle spese che i Paesi consacrano alla loro protezione sociale, alla loro salute e alla loro istruzione”, scrive l’organizzazione nel rapporto. Per quanto riguarda la Svizzera, molte persone che giungono nel Paese provengono dall’Europa e in particolare dai Paesi vicini: “Questi hanno in parte qualifiche molto elevate”, ha spiegato Liebig. Il contributo fiscale netto degli immigrati è di circa il 5% superiore a quello di chi è nato nella Confederazione.
L’Ocse pone anche l’accento sul fatto che il Covid “ha spazzato via gran parte dei progressi compiuti nell’integrazione dei migranti: i governi dovrebbero perseguire urgentemente un’azione globale e coordinata per evitare che la pandemia porti a una battuta d’arresto duratura nell’integrazione dei migranti, che avrebbe gravi conseguenze economiche negative e minaccerebbe la coesione sociale complessiva”.