Estero

Primo morto a Cuba, continuano le proteste

Gli americani temono un'ondata di rifugiati sia dall'isola che dalla vicina Haiti, in pieno caos

Proteste contro il regime cubano in Florida (Keystone)
14 luglio 2021
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La repressione delle proteste a Cuba fa la sua prima vittima: un uomo di 36 anni, morto durante gli scontri con la polizia che hanno portato a oltre 200 arresti. Mentre le associazioni per la difesa dei diritti umani parlano di un numero imprecisato di oppositori del regime e di dimostranti negli ultimi giorni scomparsi nel nulla.

Per Amnesty International, per le strade dell'isola in questi giorni si assiste a un eccessivo uso della forza da parte delle forze dell'ordine e ad arresti arbitrari. Diubis Laurencio Tejeda, come ha confermato il ministero degli Interni cubano, ha perso la vita per le strade della periferia di L'Avana, dove la pressione dei manifestanti sul palazzo si fa sempre più asfissiante, nonostante il pugno duro adottato dalle forze dell'ordine.

L'appello

E se dagli Usa e dall'Europa si moltiplicano gli appelli a liberare gli attivisti e i rappresentanti dei media rinchiusi in cella, a Washington cresce la preoccupazione che il giro di vite sulle proteste attuato dal governo cubano possa portare a un'ondata di rifugiati verso gli Stati Uniti. "Non venite nel nostro Paese", ha affermato a chiare lettere il ministro americano per la Sicurezza nazionale, Alejandro Mayorkas, rivolgendosi non solo alla gente di Cuba ma anche alla popolazione di Haiti, quest'ultima sempre più allo stremo in un Paese nel caos dopo l'uccisione del presidente Jovenel Moïse.


Le proteste all'Avana (Keystone)

Se il presidente Joe Biden, dunque, ha espresso solidarietà nei confronti della gente di Cuba e di Haiti, la linea della sua amministrazione appare tutt'altro che improntata alle porte aperte. "Voglio essere chiaro - ha detto Mayorkas - se prendete la via del mare non venite negli Stati Uniti, anche perché il mar dei Caraibi e gli stretti della Florida sono troppo pericolosi da attraversare in barca".

Nessuna deroga

Ma il ministro di Biden, di origine cubana, ha sottolineato come tutti quelli che tenteranno di raggiungere gli Usa via mare saranno intercettati dalla guardia costiera e ricondotti immediatamente nei loro Paesi d'origine. Una regola che varrà anche per chi ha fatto domanda d'asilo, a cui non sarà permesso di mettere piede sul suolo statunitense fino a che non ci sarà un accoglimento ufficiale della loro richiesta. Non solo: le persone che temono il rischio di persecuzioni o di tortura dovranno rivolgersi "a Paesi terzi", ha spiegato Mayorkas. Parole che non sono piaciute alle associazioni per la difesa dei diritti umani, che accusano Biden di voltare le spalle ai popoli di Cuba ed Haiti e di non mantenere la promessa di ripristinare ed estendere i programmi per l'immigrazione dovuta a ragioni umanitarie. Programmi che erano stati rottamati da Donald Trump.

Intanto l'ira del regime cubano, che ha ulteriormente limitato l'accesso ai social media, si scaglia contro Twitter, accusata di essere "complice di false proteste": "È complice di operatori politici che hanno utilizzato attivamente hashtag, robot e troll per coordinare falsi utenti e per esaltare le proteste", ha denunciato il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodríguez.

Mentre anche il Perù si appresta a unirsi al fronte dei Paesi latinoamericani schierati con L'Avana e che puntano il dito sull'embargo Usa nei confronti di Cuba. Il candidato di sinistra, Pedro Castillo, che dovrebbe essere proclamato la settimana prossima presidente per aver vinto il ballottaggio del 6 giugno contro Keiko Fujimori, ha manifestato "solidarietà" con il popolo cubano, definendo "inumano e immorale" il blocco Usa verso l'isola.