Un giudice del Texas ha stabilito che Credit Suisse dovrà pagare 121 milioni di dollari a una società americana, ma la banca ricorrerà in appello
“Venite a vivere a Lake Las Vegas, con il vostro Ponte Vecchio di Firenze personale a due passi dal nulla”. Non l’hanno pubblicizzata proprio così, ma questo è. E quando immagini le cose troppo in grande perfino per l’America, prima o poi qualcosa deve andare storto. Ci sono finite in mezzo anche Céline Dion e Credit Suisse, per motivi diversi. E, a dirla tutta, devono ancora uscirne.
Lake Las Vegas è l’ultima frontiera nel vecchio Far West delle frontiere, quella delle “gated communities”, città-quartiere per milionari isolate dal resto del mondo con all’interno ogni comfort: negozi, supermercati, perfino un lago, che nelle intenzioni doveva essere il Lago di Como del Nevada, ricavato dopo una serie di lavori su una diga. Si legge in uno dei depliant per ultraricchi: “ventuno comunità a tema mediterraneo, tre campi da golf, casinò, due hotel”. Quella di Monaco, con tanto di minireplica della Corniche è stata tra le prime a essere terminate. E quindi una finta Monaco, una strada per raggiungerla, e intorno il deserto con tante gru intorno.
La vendita iniziò nel 1992, dieci anni dopo arrivo Céline Dion, un habituée degli show nei casinò di Las Vegas, a soli 30 chilometri dalla celeberrima Strip, il grande Boulevard della capitale del gioco d’azzardo. Nel 2008, complice la crisi economica figlia dei mutui subprime era già tutto gambe all’aria con dei processi esecutivi a carico dei costruttori. Il principale, Transcontinental, risultò insolvente per una cifra che andava tra i 500 milioni e il miliardo di dollari di debiti. Dietro c’era un gruppo di banche, tra cui Credit Suisse, che aveva prestato denaro nella speranza di rientrare - e poi guadagnare - una volta che il progetto fosse decollato. Niente di tutto questo. Le immagini di questi grandi lavori iniziati e mai davvero terminati fanno ora parte di un progetto fotografico di Michael Light, che documenta dall'alto lo scempio di questi quartieri di lusso che sembrano siano stati catapultati in mezzo a un deserto pieno di miniere abbandonate.
Il Lake Las Vegas Resort nel 2007, a lavori lasciati a metà (Keystone)
Quando Light iniziò a occuparsi dell’area, tutto era già in lenta decomposizione, l’oasi - come dice lui stesso - “era già diventata un miraggio”. I campi da golf da verdi erano diventati marroni. Si fa in fretta in una zona arida, senza l’aiuto di acqua pompata da un sistema economico che non reggeva più. Le case avevano perso circa tre quarti del loro valore e l’hotel che faceva da fiore all’occhiello per l’intero Lake Las Vegas Resot, un Ritz-Carlton, aveva chiuso i battenti. Qualcuno si giocò la carta del salvatore, investendo a prezzi ribassati: nel 2012 due dei tre campi da golf erano tornati verdi, ed erano tornati anche i muratori. Riaprì anche il Ritz, accompagnato, da un impeto di ottimismo dal Westin Resort. Proprio nelle stanze di quel Westin, Barack Obama preparò il suo primo dibattito presidenziale che lo vedeva faccia a faccia con Mitt Romney. Lake Las Vegas era tornato, e anche i ricchi che volevano abitarlo, ma intorno restava il deserto. E intanto iniziavano le battaglie legali.
Una parte del progetto si è ripresa, l’altra non è mai ripartita. Credit Suisse è finita dalla parte sbagliata e da anni è stata tirata dentro a una battaglia legale, difendendosi dalle richieste di chi pretende risarcimenti multimilionari. Una serie di cause ha dato ragione e poi torto alla banca elvetica. La questione era principalmente tra Credit Suisse, che aveva prestato 540 milioni di dollari nel momento sbagliato, e la Highland Capital Management, la cui tesi è che l’istituto di credito svizzero avrebbe gonfiato - a suo tempo - il valore complessivo del progetto per ottenere per sé commissioni più alte. Le giravolte giudiziarie, avvenute nelle aule del Texas, hanno avuto un ultimo capitolo il 29 giugno, quando il giudice ha stabilito che la banca svizzera deve risarcire Highland Capital con 121 milioni di dollari (circa 111 milioni di franchi). Credit Suisse ha rilasciato un comunicato in cui spiega che ci sono gli estremi per ricorrere in appello e che nulla è dovuto finché l’iter giudiziario non sarà concluso.
Al di là della questione giudiziaria in sé e delle cifre iperboliche che grandi banche e fondi si contendono, resta lo stupore per questi azzardi nella terra dell’azzardo. Dove tutto è finto, i laghi, le città simil-europee in miniatura e chissà che altro. Lake Las Vegas per molti è stata una scommessa a perdere. Si dice che il banco vince sempre. Le banche chissà.