Continuano le violenze dopo il golpe di gennaio. Sarebbero almeno 20 i minori assassinati dal regime dall’inizio delle proteste
Aveva solo 7 anni ed è la vittima più piccola della violenza dei militari golpisti birmani che le hanno sparato mentre era in casa, a Mandalay, con la sua famiglia. Hanno sfondato la porta a calci per una delle tante perquisizioni a tappeto in queste settimane di proteste contro il colpo di stato del primo febbraio e lei, Khin Myo Chit, è corsa d'istinto verso suo padre per sedersi sulle sue ginocchia mentre i soldati gridavano se ci fossero altre persone in casa. A quel punto, ha raccontato la sorella May Thu Sumaya alla Bbc, l'hanno freddata a colpi d'arma da fuoco. "Non ce la faccio, sto troppo male", sono state le ultime parole della piccola nel racconto del padre, U Maung Ho Hashin Bai. Poi l'inutile corsa in macchina alla ricerca dei soccorsi. Mezz'ora dopo era morta.
E su Twitter, ancora una volta, circola la foto del corpo della piccola in una barella, avvolto in un lenzuolo bianco, senza neppure il volto oscurato. Khin Myo Chit è stata uccisa deliberatamente, dicono i familiari. E la sua morte è l'ennesima prova che i golpisti non guardano in faccia a nessuno e che la Birmania è precipitata in una spirale di violenza cieca di cui sfugge la reale dimensione nonostante video e testimonianze che rimbalzano su social e tv.
Sono almeno 20, secondo Save the Children, i minori di 18 anni uccisi finora dall'esercito birmano che ha rovesciato Aung San Suu Kyi. Ieri, sempre a Mandalay, è morto un ragazzino di 14 anni. "Siamo inorriditi del fatto che i bambini continuino a essere tra gli obiettivi di questi attacchi fatali contro manifestanti pacifici", ha detto in una dichiarazione l'organizzazione, che sottolinea che "la sicurezza dei bambini deve essere protetta in tutte le circostanze" e chiede "ancora una volta alle forze di sicurezza di porre fine immediatamente a questi attacchi mortali contro i manifestanti". Secondo l'Associazione di assistenza dei prigionieri politici, un gruppo di monitoraggio locale, le persone uccise sono finora 275 e gli arrestati più di 2.800. Il portavoce della giunta militare, Zaw Min Tun, ha parlato invece di 164 morti, che ha definito "terroristi violenti".
Intanto sono stati liberati oltre 600 degli arrestati. "Abbiamo rilasciato 360 uomini e 268 donne dalla prigione di Insein" a Yangon (ex Rangoon), ha detto un funzionario del penitenziario annunciando il rilascio. Tra coloro che sono stati liberati anche il giornalista dell'Associated Press Thein Zaw, fermato mentre stava seguendo una delle tante manifestazioni di protesta. Ed è saltata l'udienza del processo a Aung San Suu Kyi, in programma oggi, a causa di problemi alla rete. L'ex leader birmana sarebbe dovuta comparire in videoconferenza. La nuova udienza è stata fissata per il primo aprile, ha fatto sapere l'avvocato della Signora, Khin Maung Zaw, che non è ancora stato autorizzato ad incontrarla.