L’epidemia di coronavirus comincia a intaccare la fiducia di aziende e investitori. Notevoli difficoltà per le imprese straniere a far ripartire la loro attività in Cina.
Mentre è salito a 1’875 il numero delle vittime e a 73’337 quello delle persone contagiate (dati della John Hopkins University), da un primo vasto studio realizzato dal Chinese centre for disease control and prevention si viene a sapere che nell’80% dei 44mila casi esaminati fino all’11 febbraio l’infezione da coronavirus è risultata lieve, nel 13,8% grave e solo nel 4,7% dei casi critica; particolarmente a rischio sono le persone anziane o malate, così come il personale medico; il tasso di mortalità è basso (uomini: 2,8%; donne: 1,7%); e benché si assista a una tendenza al ribasso della curva epidemica, un rimbalzo non è escluso. La decisione del governo russo di vietare dal 20 febbraio ai cittadini cinesi l’ingresso nel Paese dimostra che l’allerta, sul fronte sanitario, resta a un livello elevato.
A questi timori ora va ad aggiungersi la preoccupazione per la tenuta dell’economia globale. L’epidemia sta avendo i primi tangibili effetti sui mercati, rallentando l’attività in molti settori e diffondendo sfiducia tra imprese e investitori.
Moody’s ha già tagliato le stime sulla crescita cinese per il 2020 dal 5,8% al 5,2%. In Europa ad accusare maggiormente il colpo è la Germania, una delle economie più esposte alle turbolenze sui mercati internazionali per l’ampia dimensione dell’export. La vicepresidente della Bundesbank, Claudia Buch, ha avvertito: «Se i rischi per l’economia globale si concretizzassero l’economia tedesca ne risentirebbe in modo particolare». Anche Apple, al pari di tutte le aziende con processi produttivi che dipendono dalla fornitura di componentistica made in China, sconta l’impatto dell’epidemia rinviando il lancio di nuovi iPad e AirPod.
A certificare la gravità del deterioramento delle prospettive dell’economia tedesca, l’inatteso crollo della fiducia degli investitori in Germania: l’indice Zew che anticipa le aspettative per i prossimi sei mesi è crollato a febbraio a 8,7 punti dai 26,7 di gennaio, un livello nettamente inferiore alle attese degli analisti (21,5 punti). Un chiaro sintomo di quanto sia forte l’incertezza su tempi e rischi dell’emergenza virus, ma soprattutto sulla capacità di resilienza del sistema.
Pure il colosso bancario europeo Hsbc, già alle prese con una ristrutturazione che prevede il taglio di 35mila posti di lavoro, ha lanciato l’allarme avvertendo che “lo scoppio del coronavirus sta causando turbolenze economiche a Hong Kong e in Cina e potrebbe influire sulla performance del 2020”.
Lo scenario appare talmente incerto e denso di rischi che la Camera di commercio Ue non usa mezzi termini: «Tutto questo è un incubo». Le imprese straniere stanno avendo grandi difficoltà nel far ripartire le attività in Cina – ha detto in un briefing online Joerg Wuttke, capo della Camera di commercio Ue in Cina –, ci sono problemi alla supply chain, all’aumento degli inventari e alle regole sulla quarantena per contenere l’epidemia. «L’intero processo stenta a tornare in funzione dato che le sfide sono enormi» e «quanto ciò sia destinato a durare è l’incubo di tutti noi».
In affanno pure il settore dell’auto. Il Beijing auto show, il più grande evento dell’anno per il settore dell’automotive, è stato rinviato. L’evento, che si tiene ad anni alternati tra Shanghai e Pechino, era molto atteso negli sforzi per rilanciare un comparto in forte difficoltà sul fronte delle vendite, malgrado la Cina sia da anni il primo mercato al mondo.
I contraccolpi si fanno sentire anche sui mercati finanziari. Ieri hanno chiuso in rosso tutte le principali Borse, quella svizzera compresa.