Lo schema truffaldino era basato su lavori dichiarati come conclusi ma mai eseguiti, per i quali venivano accumulati crediti di imposta poi monetizzati
Lavori di riqualificazione di facciate di edifici mai eseguiti, anche se dichiarati come conclusi, e con costi gonfiati, al punto da superare in alcuni casi il valore dell'immobile. Il tutto per monetizzare il bonus facciate, ovvero le detrazioni che lo Stato italiano concede per gli interventi edilizi di questo tipo: nel complesso una truffa da 7 milioni di euro per la quale sono indagate 23 persone.
È il risultato dell'inchiesta chiusa dalla Polizia di Stato di Varese e che vede il suo epicentro a Saronno (Varese) dove risiede un imprenditore edile di origine napoletana già noto agli investigatori della Questura nel gennaio 2022 per un "debito" da 17 milioni di euro con l'erario. All'epoca per l'uomo era scattato un sequestro da 15 milioni di euro.
Da quella prima indagine è nato il secondo filone che ha portato all'iscrizione nel Registro degli indagati lo stesso imprenditore oltre ad altre 22 persone considerate dagli inquirenti dei prestanome. In alcuni casi, per i lavori appaltati dai committenti non è mai stato nemmeno predisposto il cantiere o richiesta la certificazione di inizio attività. Gli indagati utilizzano a tal proposito, indebitamente, l'opzione "sconto in fattura": ovvero anticipavano al presunto committente le detrazioni fiscali ad esso spettanti sotto forma di uno sconto sui lavori eseguiti, ricavandone un credito di imposta che veniva poi monetizzato tramite la cessione a istituti di credito, che in buona fede accettavano.