La provincia del Verbano-Cusio-Ossola alza gli scudi contro una tassa considerata ingiusta non solo dai vecchi frontalieri ma anche da sindacati e Comuni
Un’intera comunità, quella del Verbano-Cusio-Ossola, fa fronte comune per dire no alla ‘tassa sulla salute’, un balzello previsto dalla Legge di bilancio 2024 che è visto come uno sgradito, irritante, fastidioso fumo negli occhi, non solo dai ‘vecchi frontalieri’, chiamati a pagare un contributo al Servizio sanitario nazionale, ma anche da sindacati e Comuni. Una ‘tassa sulla salute’ che per le organizzazioni sindacali e i partiti di opposizione sarebbe illegittima in quanto in contrasto con l’accordo italo-svizzero dello scorso anno sulla nuova fiscalità dei frontalieri.
Anche in Svizzera la norma fa discutere. Soprattutto in Canton Ticino. L’Associazione delle industrie ticinesi (Aiti) – che vede il balzello come “una vera e propria imposta” che “potrebbe generare conseguenze negative per la competitività delle aziende ticinesi” per via delle difficoltà a trovare manodopera, considerato che la ‘tassa sulla salute’ potrebbe frenare il frontalierato – ha interpellato il Consiglio federale, la cui risposta, della quale ha dato notizia laRegione, sta a dimostrare che la nuova normativa non è di poco conto, per cui è massima l’attenzione da parte di Berna.
Così come succede sul versante italiano. Soprattutto in Piemonte, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, dove attualmente i frontalieri occupati perlopiù in Ticino, ma anche in Vallese sono oltre 8mila. Un segmento occupazionale molto importante per una provincia con 150mila abitanti. Un dato che spiega l’alzata di scudi dell’intera comunità del Verbano-Cusio-Ossola. Come conferma il fatto che il tavolo del frontalierato provinciale ha chiesto e ottenuto al presidente della provincia Alessandro Lana di coordinare un’azione corale. Rappresentanti sindacali, capigruppo provinciali, il consigliere regionale Alberto Preioni (Lega per Salvini) e delegati delle Unioni montane Valle Vigezzo e Ossola, hanno convenuto per un ordine del giorno da condividere con tutti i Comuni del Verbano-Cusio-Ossola. Insomma, una deliberazione consiliare da inviare al governo Meloni per chiedere lo stralcio dell’articolo 49 della Legge di bilancio 2024 che, approvata lo scorso dicembre, contiene la ‘tassa sulla salute’.
La risposta del presidente Lana non si è fatta attendere: “Nei prossimi giorni prepareremo il testo dell’ordine del giorno e chiederemo ai sindaci di portarlo al voto in Consiglio entro la metà di febbraio”. Un identico appello da parte del tavolo provinciale del frontalierato del Verbano-Cusio-Ossola era caduto nel vuoto nel novembre scorso.
Nella serata di lunedì il Consiglio comunale di Domodossola ha approvato a larga maggioranza un ordine del giorno che chiede l’annullamento del balzello e che ora sarà sottoposto ai Consigli dei comuni ossolani, prima di essere spedito a Roma.
Intanto, continua a far discutere la presa di posizione del presidente di Regione Lombardia, il forzista Alberto Cirio: “Se la Regione ne avrà facoltà, evitare di applicare questa norma che a più riprese ho giudicato inopportuna, così come a Roma ho detto diverse volte non la applicheremo”.
Intanto, la discussione sul balzello ha aperto un nuovo fronte che non può essere sottovalutato. Lo ha sollevato nel corso di un incontro a Domodossola una giovane laureata abitante di Re, frontaliera assunta dopo l’entrata in vigore, lo scorso luglio, dell’accordo italo-svizzero sulla nuova fiscalità: “All’orario di lavoro si aggiungono i tempi di spostamento in auto e la pausa pranzo. Una vita non facile si può capire. Grazie a questo accordo io guadagno mille euro in meno al mese rispetto a un collega con analogo incarico. La differenza sta nella data riferita all’assunzione. Se non c’è la convenienza economica, chi andrà ancora Oltreconfine?”. Un interrogativo da non passare sotto silenzio. Se a ciò si aggiunge la ‘tassa sulla salute’, lavorare in Svizzera potrebbe essere sempre meno attrattivo.