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Sul Tilo per Milano con 14kg di perle coltivate di contrabbando

Il valore della merce trasportata, in seguito alle analisi gemmologiche, è risultato di 143'000 euro contro i 7'000 dichiarati dall'uomo in fattura

In sintesi:
  • Al controllo il passeggero proveniente da Lugano aveva detto di non avere nulla da dichiarare
  • L'uomo ha prodotto la fattura successivamente ma il valore non è sembrato congruo ai funzionari della dogana
Parte del carico sequestrato
(Guardia di Finanza)
29 gennaio 2024
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Si potrebbe dire, metaforicamente, che a volte la cronaca delle operazioni contro le irregolarità doganali regala delle perle. In questo caso, le perle non sono regalate, ma assolutamente reali: ben quattordici chili di perle coltivate, sia confezionate in matasse di fili, sia sfuse in sacchetti, prive di alcuna documentazione commerciale di scorta, trasportate su un Tilo da Lugano a Milano da un cittadino italiano residente in Svizzera.

L'uomo, controllato nei giorni scorsi dai funzionari dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli della Sezione Operativa Territoriale di Chiasso e dai militari della Guardia di Finanza in forza al Gruppo Ponte Chiasso, aveva risposto di non aver nulla da dichiarare. Ciò che non ha convinto il personale doganale che ha proceduto a un accertamento che ha portato al ritrovamento delle perle in uno scatolone che l'uomo portava con sè come bagaglio personale. Il passeggero a quel punto dichiarava di non avere con sé la fattura di acquisto della merce ma che l'avrebbe prodotta successivamente: fattura che poi ha inviato alcuni giorni dopo, in seguito alla sospensione dello sdoganamento della merce per accertamenti, ma il cui valore - intorno ai 7'000 euro - non appariva per nulla congruo rispetto al carico fermato, che mostrava una estrema varietà dei singoli pezzi (per dimensioni, per forma, per lucentezza, per colore, per peso, etc.) e, per di più, un valore in tutta evidenza ben più elevato di quello dichiarato, ma di difficile immediata quantificazione.

Le analisi gemmologiche svolte dal Laboratorio Chimico di Venezia, ufficio Agenzie dogane e Monopoli con specifiche competenze analitiche nel settore gemmologico, su di un congruo numero di campioni di perle, sia sfuse, sia in fili, aventi caratteristiche omogenee e rappresentative dei lotti di riferimento, identificava la merce come perle coltivate in acqua salata del tipo “akoya” (cd. perle giapponesi), e in minima parte del tipo “south sea” (cd. perle australiane), per un valore commerciale complessivo di 143'000 euro.

La vicenda passava quindi in ambito penale, ciò per cui il viaggiatore veniva denunciato a piede libero per contrabbando e evasione di Iva sull'importazione, con conseguente sequestro dell'intera partita di merce.