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Caso camici, prosciolto in Appello Attilio Fontana

Confermata la sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice delle udienze preliminari per il presidente della Regione Lombardia accusato di frode

(Keystone)
10 luglio 2023
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La Corte d'Appello di Milano ha confermato il proscioglimento del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, accusato di frode in pubbliche forniture assieme ad altre quattro persone per il cosiddetto caso camici.

Il 13 maggio 2022, il giudice delle udienze preliminari Chiara Valori aveva emesso sentenza di "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste" per il governatore, per il cognato Andrea Dini, titolare di Dama Spa, per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, rispettivamente ex direttore generale e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, e per il vicesegretario generale della Regione, Pier Attilio Superti.

Stamani la seconda sezione penale della Corte d'Appello milanese (collegio Manzi-Banci Buonamici-Siclari) ha confermato la sentenza del giudice delle udienze preliminari di oltre un anno fa. Le motivazioni della Corte arriveranno tra 90 giorni.

La "trasformazione" da fornitura in donazione alla centrale acquisti regionale dei camici e altri dispositivi di protezione individuale da parte di Dama Spa, la società di Andrea Dini, cognato di Fontana (la moglie del governatore aveva una quota del 10% nella Spa), aveva scritto il giudice delle udienze preliminari nelle motivazioni dei proscioglimenti, "si è realizzata con una novazione contrattuale che è stata operata in chiaro, portata a conoscenza delle parti, non simulata ma espressamente dichiarata" e non ci fu alcun "inganno". Nel ‘caso camici’, aveva spiegato il giudice, "pare difettare in toto la dissimulazione del supposto inadempimento contrattuale".

Inadempimento contestato, invece, dall'aggiunto Maurizio Romanelli e dai pubblici ministeri Paolo Filippini e Carlo Scalas, quando quella fornitura dell'aprile 2020 affidata a Dama da 75mila camici e altri 7mila dispositivi di protezione individuale per 513mila euro, si era trasformata in donazione, dopo la consegna di circa 50mila camici, e non erano stati più consegnati i rimanenti 25mila. Da qui l'accusa di frode in pubbliche forniture.

La Procura aveva presentato ricorso e il sostituto procuratore generale Massimo Gaballo in udienza aveva insistito perché gli imputati andassero a processo. Processo ritenuto, invece, non necessario sia dal giudice delle udienze preliminari che ora dalla Corte d'Appello. La decisione è definitiva.