Gli ungulati sono aumentati in maniera esponenziale e mettono in pericolo l’attività delle aziende agricole
Grido d’allarme degli allevatori del Porlezzese, parte integrante della Riserva Naturale Lago di Piano di Carlazzo, specchio d’acqua collegato attraverso un canale artificiale al Ceresio. Allevatori che si sentono sconfitti dai troppi cervi che brucano l’erba dei pascoli, si spingono sino alle stalle, danneggiano il foraggio, consumano le scorte destinate alle mucche da latte. Questo perché nel corso degli anni a ridosso del Canton Ticino i cervi sono cresciuti in modo esponenziale. Stando a una stima della Comunità montana Alpi Lepontine di Porlezza, attualmente sarebbero oltre 400. Un numero incredibilmente alto, soprattutto se confrontato con il fatto che l’area della Riserva Naturale Lago di Piano si estende su 180 ettari. Gli allevatori del Porlezzese non chiedono lo sterminio dei cervi. Nei mesi scorsi, alla Comunità Montana di Porlezza hanno presentato un progetto per spostare in altri parchi una parte dei branchi. Si sono rivolti anche a Regione Lombardia che ha inviato una delegazione. Ci sono state promesse rimaste sulla carta. Gli allevatori minacciano di andarsene, soprattutto se da politici e amministratori continueranno a non arrivare soluzioni, come potrebbero essercene con l’attuazione del progetto che prevede di addormentare gli animali, per poterli prelevare per poi portarli in altri ambienti. La presenza così massiccia di cervi non è solo un problema per gli allevatori e le aziende agricole della zona. Infatti, gli ungulati mettono a rischio la sicurezza lungo i rettilinei della statale Regina che da Grandola e Uniti porta alla dogana di Oria Valsolda. Cervi soprattutto nelle ore notturne si possono incontrare anche nei centri abitati, come è accaduto alcune notti fa a San Pietro Sovera, dove è stato fotografato un branco di una trentina di ungulati mentre brucava quel poco d’erba presente in un prato a ridosso della strada e delle case.