Confine

Scarcerato il ‘pugile dell’Isis’. Sarà espulso dall’Italia

Dopo aver scontato quasi sei anni di prigione, Abderrahim Moutaharrik è ora richiuso in un centro a Bari, in attesa di essere rimpatriato in Marocco

Abderrahim Moutaharrik
(immagine fornita dalla Polizia di Stato italiana)
16 dicembre 2021
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Il “pugile dell’Isis” Abderrahim Moutaharrik, 38 anni, già campione svizzero di kickboxing (si allenava a Canobbio), in questi giorni è uscito dal carcere, ma non è tornato in libertà in quanto espulso dall’Italia, per cui è stato rinchiuso in un centro di espulsione di Bari, in attesa di essere rimpatriato in Marocco. Quando questo potrà succedere non è dato sapere visto che il Marocco ha deciso di blindare i propri confini a causa della rapida diffusione della variante Omicron. Arrestato dalla Digos di Lecco il 28 aprile 2016 per terrorismo internazionale, secondo gli inquirenti aveva ricevuto l’ordine dall’Isis di compiere un attentato in Vaticano. Nell’operazione della Polizia di Stato finirono in carcere, oltre ad Abderrahim Moutaharrik, la moglie Salma Bencharki, di 31 anni e Abderrahmane Khachia, 33 anni, residente in provincia di Varese e fratello di un foreign fighter morto in Siria e Wafa Koraichi, 30anni, residente in provincia di Verbania.

Al “pugile dell’Isis”, così chiamato perché talentuoso atleta di kickboxing, che nelle intercettazioni parlava anche di un possibile attentato in Vaticano, è stata revocata la cittadinanza italiana. Condannato a poco meno di sei anni di reclusione, il magrebino in questi giorni ha terminato di scontare la pena che gli era stata inflitta in sede di udienza preliminare. Nella sentenza, il gup milanese aveva scritto che tutti i condannati “erano spinti da una distorta ideologia religiosa e da un odio generalizzato verso gli appartenenti a qualsiasi altra confessione, che li aveva determinati a proclamarsi pronti ad agire a costo di perdere la propria vita”. Abderrahim Moutaharrik ha scontato 5 anni, 7 mesi e 20 giorni tra il carcere di Sassari e quello di Rossano in provincia di Cosenza. Oltre alla revoca della cittadinanza italiana al “pugile d’Isis” hanno tolto anche la patria potestà sui figli di 9 e 11 anni, affidati ai nonni paterni, e seguiti dagli assistenti sociali.