Aperta una inchiesta dalle autorità italiane sul carico di materiale ferroso destinato a un'azienda in Ticino, ma entrato in Svizzera per pochi minuti
Il fatto risale a una ventina di giorni fa, ma solo nelle ultime ore è stato reso noto, dopo che la scorsa settimana c'è stato il pronunciamento del Tribunale del riesame di Como, che ha confermato il sequestro di oltre 20 tonnellate di materiale ferroso. Un carico arrivato a Brogeda, destinato a una azienda del Canton Ticino, e rientrato in Italia, senza essere uscito dallo spazio doganale. Il mezzo pesante, sequestrato come corpo di reato, dopo aver fatto dogana ha proseguito il viaggio per un centinaio di metri, per passare al vaglio dei doganieri svizzeri. Ma invece di andare alla destinazione indicata dai documenti doganali ha invertito la marcia per presentarsi ai doganieri italiani che, comprensibilmente, hanno posto non poche domande all'autista.
Il conducente ha ammesso di non aver portato il materiale ferroso all'azienda ticinese, così come gli aveva ordinato il datore di lavoro. Carico da riportare al punto di partenza con una nuova documentazione fornita da un intermediario ticinese per conto della azienda che inizialmente figurava come acquirente del consistente quantitativo di materiale ferroso. Un gioco delle tre carte che ha insospettito funzionari di dogana e fiamme gialle della Guardia di finanza di Ponte Chiasso, anche perché quelli che all'origine erano scarti ferrosi erano diventati ritagli, sfridi e lingotti.
La Procura di Como ha aperto un'inchiesta coordinata dal pubblico ministero Maria Vittoria Isella. Il magistrato inquirente ha affidato gli accertamenti alla Guardia di Finanza di Ponte Chiasso. Per ora i reati contestati sono di natura ambientale. Non si escludono però delle sorprese.